Electric AI - La Decadenza delle Copertine Metal (Articoli)

 

Una copertina per un ipotetico album death metal generata dall'AI

Non c'è dubbio che l'arrivo delle varie Intelligenze Artificiali (AI da adesso) abbia dato inizio a una vera e propria rivoluzione che sta toccando sempre più ambiti, che sia la scrittura, il coding e, non certo ultima, l'illustrazione. Senza volere fare disquisizioni filosofiche o tecniche sull'argomento [che meriterebbero ben altro spazio], abbiamo deciso di parlare comunque di un tema forse poco importante, ma che ci sta particolarmente a cuore: la proliferazione di brutte copertine di dischi metal generate totalmente o in parte dall'AI. Un tema che ci sta così a cuore da scomodare sia il sottoscritto, Albyrinth, che Pietro H.P.L., per quello che è il primo articolo scritto da due penne tastiere su questo blog, più una sezione bonus tirata dentro per fare due risate. Buona lettura!

Nota: Dove non specificato, le copertine sono state generate utilizzando AI differenti (come specificato nell'alt-text delle immagini).

Una copertina per un ipotetico album power metal generata dall'AIUna copertina per un ipotetico album power metal generata dall'AI
AI differenti, risultato strabiliantemente simile

La Pigrizia Metallica - Articolo di Albyrinth

Prima di iniziare, credo sia necessaria una doverosa precisazione: l'intento di questo articolo non è demonizzare la AI. Non sono del partito "Skynet è qui, moriremo tutti!" o di quello "perderemo tutti il lavoro entro 12 mesi!", e neppure di quello "chi utilizza la AI è una cattiva persona e va cancellata!". Le Intelligenze Artificiali ormai sono arrivate e sono qui per restare, e dobbiamo non solo conviverci, ma trovare il modo migliore per utilizzarle. Il che vuol dire sicuramente mettere dei forti paletti legali, in particolare per quanto riguarda la tutela della proprietà intellettuale [tema alquanto attuale dopo che i social sono stati letteralmente invasi di foto "ghiblizzate" da ChatGPT], la tutela della persona e dei suoi diritti d'immagine e, infine, la possibilità da parte di professionisti di spacciare il lavoro delle varie AI per proprio. 
Per quanto riguarda il mondo della grafica e dell'illustrazione (e, per esteso, anche della realizzazione degli effetti speciali), non credo che utilizzare AI sia disdicevole, o, meglio, che utilizzare ANCHE gli strumenti messi a disposizione dalla AI sia disdicevole. Ricordo come l'arrivo di Photoshop venne visto come la discesa dell'Anticristo da fumettisti e illustratori "tradizionali", nonchè da molti critici. Tre decenni dopo è uno strumento divenuto ormai fondamentale e una nuova generazione di illustratori, che pur sapendo disegnare ovviamente con matite e chine [ci mancherebbe], lavora esclusivamente con tablet, tavolette grafiche e programmi di illustrazione professionali. Allo stesso modo, la AI permette di automatizzare alcuni lavori più "triviali", facendo così risparmiare tempo e permettendo al grafico di potere impegnarsi maggiormente sulla qualità del lavoro finale. Un buon esempio? Il colore azzurro degli occhi di chi ha ingerito la Spezia in Dune 2 è stato applicato sfruttando la AI, permettendo alla produzione di risparmiare soldi e di lasciare maggiore tempo agli studi di SFX per realizzare al meglio gli altri effetti speciali. Quindi, il problema non è la AI in sé, ma piuttosto il fatto che spesso venga utilizzata da persone che di grafica e illustrazione non ne sanno nulla come scorciatoia a costo e fatica zero per ottenere illustrazioni fatte e finite. Che è il vero tema di questi articoli, vista la proliferazione incontrollata di brutte copertine generate dalla AI nel mondo della musica metal. E non solo dalla classica band arrivata al debutto con pochi mezzi, ma anche da nomi importanti della scena. 

Una copertina per un ipotetico album black metal generata dall'AIUna copertina per un ipotetico album black metal generata dall'AI
Le chiesette non erano nel prompt, ma entrambe le AI le hanno inserite, curioso...

Il Dannato Algoritmo

Non c'è dubbio che la proliferazione di brutte copertine realizzate dalla AI sia la conseguenza estrema dei cambiamenti (altrettanto estremi, a pensarci bene) che hanno investito il mondo della musica negli ultimi quattro lustri. Se una volta la copertina era un biglietto da visita imprescindibile per attirare l'attenzione dell'ascoltatore nel negozio di dischi, è chiaro che, con l'arrivo dei formati digitali e il progressivo quanto inevitabile abbandono dei formati fisici, la copertina abbia ormai totalmente perso importanza, finendo per essere giusto quel quadratino sopra il titolo della canzone, o lo sfondo del video su YouTube. D'altronde ora a guidare le scelte di gran parte degli ascoltatori sono gli algoritmi e le playlist preconfezionate.
Un inciso: sia chiaro, non voglio trasformare l'articolo in un lamento boomer del tipo "ah, i bei vecchi tempi delle cassette BASF" o, peggio ancora, arrivare al luddismo sonoro de "il metallaro trve ascolta la musica solo su LP in pvro titanio, ha ancora il Nokia 3310 e non sa cosa sia questo Spotify di cui parlano tutti", perché io stesso, pur acquistando ancora un certo numero di CD ogni anno [spazio permettendo, sic], ho spostato da oltre un decennio gran parte dei miei ascolti sul web. Per quanto i tempi dei vinili e dei CD avessero quella dose di fascino in più, la comodità di avere sempre a disposizione milioni e milioni di brani di qualunque genere è impagabile.

Detto questo, è ovvio che, rispetto ai tempi del formato fisico, le voci di spesa nel budget siano cambiate radicalmente. Insomma, è chiaro che le case discografiche e i management delle band adesso spendano gran parte del budget nella creazione di video per YouTube e in cose molto poco romantiche, ma molto importanti, come il social media marketing, l'ottimizzazione SEO (ovvero la possibilità di finire più in alto nelle ricerche web), lo studio degli algoritmi delle piattaforme streaming e l'ingresso a pagamento nelle playlist di maggiore successo. Se prima la copertina era una voce di spesa fondamentale in quanto motore primario del marketing di un disco, adesso è diventato un orpello quasi inutile: basti pensare che su Spotify il 90% delle volte l'immagine della copertina è sostituita da un gif animata con alcuni secondi di video in loop; senza contare che l'ascolto di tutto l'album di fila è un'abitudine tipica dell'ascoltatore più attempato. Detto in parole povere: non vale più la pena spendere migliaia di euro per avere un'illustrazione e o una foto significativa per le cover art, quando queste influiscono solo in minima parte sul numero di ascolti o visualizzazioni. Se per la starlet pop di turno basta appiccicare una delle tantissime foto dai loro profili social, per la musica metal la questione è molto differente e le copertine hanno ancora molta importanza, sia per una questione storica, che culturale, e infine economica, con il merchandise che è uno degli strumenti primari di guadagno per formazioni più piccole. E qui entra in gioco, purtroppo la AI (ma non solo) come strumento pigro e posticcio per risparmiare qualche soldino: d'altronde, perché pagare grandi illustratori come Paolo Girardi, Eliran Kantor o Sam Turner (per citare tre dei migliori artisti del momento) quando puoi avere gratis e senza alcuna fatica un demone fumettoso che si lascia quasi guardare come quello dell'immagine che apre questo post [realizzato con un prompt semplicissimo in un paio di minuti]

La copertina dell'album Somewhere in Time, ad opera di Derek RiggsLa Copertina di Leprosy, ad opera di Ed RepkaLa copertina di Bloodthirst, ad opera di Vince Locke
Un po' di storia, con illustrazioni di Derek Riggs, Ed Repka e Vince Locke

L'Importanza delle Illustrazioni nell'Universo Metal

Il grosso problema è che ci sono pochi altri generi musicali così strettamente interconnessi a illustrazioni e grafica (basti pensare all'importanza dei logo) come il metal. Le cover art sono state fondamentali a cementare quel substrato fatto di riferimenti a letteratura fantasy, horror e sci-fi che è il terreno su cui è germinato il metal. Oltre che definire immediatamente l'identità di una band. Cosa sarebbero gli Iron Maiden [e il buon Rod Smallwood, loro manager, potrebbe scrivere interi trattati su come si crea e mantiene un brand di successo] senza le storiche copertine di Derek Riggs? Quanto sono state fondamentali le illustrazioni di Ed Repka a definire l'immaginario thrash e death metal? Vogliamo parlare del delirante immaginario horror-splatter delle copertine dei Cannibal Corpse realizzate da Vince Locke [peraltro solidissimo fumettista che ha collaborato al Sandman di Neil Gaiman] che ha contribuito immensamente a definire la band? Cavolo, anche le pacchianissime copertine dei Judas Priest anni '80 (parlo in particolare di quelle realizzate da Doug Johnson), nella loro assurda eccentricità, ben si sposavano con i classici testi ignoranti della formazione britannica.

Ma non solo: il mondo del metal è anche noto per alcune copertine che non si possono definire certo belle, se non addirittura volgari e ripugnanti, ma che, allo stesso modo sono state fondamentali per definire formazioni, personaggi e generi. Avrei volentieri fatto a meno del close-up sgranato dei genitali di due pornoattori su Slow, Deep and Hard dei Type O' Negative o il primo piano del sederone di Peter Steele sul finto live The Origin of the Feces, ma entrambe le copertine, per quanto tremende, hanno aiutato a cementificare l'immagine e il mito del frontman Peter Steele. Idem per il primo piano del petto villoso di Glenn Danzig su Danzig II Lucifuge, perfettamente in linea con un personaggio egocentrico, narcisista e decisamente sopra le righe come Glenn.

Quindi, le copertine sono state fondamentali a creare l'universo metal, a definirne l'immaginario e, addirittura, ad aiutare a creare una comunità. Perché è importante ricordare come poi queste illustrazioni finissero su t-shirt, felpe e toppe che venivano orgogliosamente mostrate dai fan, creando un vero e proprio dress code che ha aiutato il movimento metal a crescere vertiginosamente negli anni '80, oltre che a generare fiumi di dollari extra derivanti dal merchandise. Insomma, sono davvero pochi i generi musicali a potere vantare un legame così stretto tra musica, immaginario, testi e fan come il metal. Il che rende ancora più triste la decadenza della qualità della cover art che abbiamo visto negli ultimi anni.

Una copertina per un ipotetico album stoner metal generata dall'AIUna copertina per un ipotetico album stoner metal generata dall'AI
Con un po' di impegno e fantasia si tira fuori qualcosa di carino anche con le AI gratuite

L'Invasione della AI

Una piccola nota: nel paragrafo mi riferisco principalmente all'utilizzo della AI, ma in realtà il discorso si estende a tutte quelle copertine realizzate con la minima spesa e il minimo sforzo e includono pastrocchi realizzati amatorialmente con Photoshop, finte copertine lo-fi senza alcun concept dietro e anche dipinti famosi che vengono sfruttati da svariate band a pochi mesi di distanza.
E arriviamo quindi al dunque: negli ultimi due anni abbiamo assistito all'arrivo delle copertine generate da AI nel mondo del metal e ce lo si poteva aspettare. Quello che non ci si aspettava, invece, era che prendessero così tanto piede e soprattutto quali band ne avrebbero fatto uso. È comprensibile che una band all'esordio che registra indipendentemente il primo disco e lo pubblica su una semisconosciuta etichetta possa volere risparmiare qualche soldo, ma la cosa incredibile è che a ricorrere alla AI sono sempre più spesso band medio-grandi, nomi ben noti nella scena attivi da almeno un paio di decenni. Il che rende la cosa ancora più paradossale.
Alcuni esempi? Iniziamo da Banished by Sin, tredicesimo album in studio dei Deicide, una delle band più significative per quanto riguarda il death metal floridiano. che ci regalano una copertina fatta probabilmente in un paio di minuti e che ritrarre un demone che più generico non si può. Passi l'utilizzo della AI, ma almeno ci fosse un'idea dietro, un tentativo di rendere il tutto più personale. La cosa divertente è che quel simpaticone di Glen Benton si è sentito in dovere di difendere la scelta con alcune dichiarazioni quasi demenziali...

La Copertina dell'album Banished By Sin dei Deicide
La Fantasia Regna Sovrana...

Continuiamo con una formazione di culto per il thrash metal, i Dark Angel, tornati in attività nei primi anni 2000, che hanno annunciato il loro primo album di inediti, Extinction-Level Event, a distanza di 34 anni dal precedente, il capolavoro Time Does Not Heal. Insomma, un disco piuttosto atteso dai fan, un piccolo evento, che la band americana ha voluto onorare con una copertina banalissima e realizzata in modo estremamente pigro (con proporzioni e prospettive peraltro piuttosto questionabili) e che, casualmente, non viene attribuita a nessun artista, il che è praticamente un'ammissione del fatto che è stata utilizzata la AI.

La copertina dell'album "Extinction-Level Event" dei Dark Angel
Suvvia, Almeno le Proporzioni di Base...

Ultimo esempio, fresco fresco, l'annuncio del secondo album degli A-Z (avevo recensito il primo album QUI), A2Z², che si presenta con una copertina (anche qui il nome del geniale artista è sconosciuto) che è un gran pastrocchio di AI per gli sfondi e cose appiccicate alla buona con Photoshop (si veda la zebra in secondo piano), per non parlare della bruttezza del soggetto principale, ovvero il coccodrillo con la zip. E sì che, per l'album di debutto, la band di Mark Zonder si era fregiata di una copertina di Hugh Syme, forse non piacevolissima da vedere, ma che interpretava perfettamente il concept del nome.

La copertina dell'album "A2Z²" degli americani A-Z
La Definizione di un Pastrocchio 

L'Avvocato del Diavolo

Per quanto ci siano ben poche scusanti per una pigrizia così manifesta, tenterò comunque di fare l'avvocato del diavolo per capire perché band con un nome tutto sommato importante abbiano deciso di ricorrere alla AI, senza peraltro metterci il minimo sforzo creativo o quasi. Deicide, Dark Angel, Katatonia, tutte band da diversi lustri, che hanno raggiunto il successo in tempi dove le vendite dei CD erano ancora rilevanti e la maggiore fonte di ricavo per un gruppo. Poi, piano piano, il flusso di guadagni derivanti dalla vendita di dischi si è fatto sempre più sottile e queste formazioni si sono trovate fatalmente a metà del guado. Troppo vecchie per modificare totalmente il proprio modus operandi (ovvero pubblicare continuamente singoli da dare in pasto all'algoritmo), ma con troppi pochi fan (peraltro abbastanza vecchiotti pure loro) per garantire assegni mensili degni di nota dalle piattaforme streaming. Insomma, l'unica vera fonte di sostentamento per una band sono i concerti e, quindi, la pubblicazione di un nuovo disco è spesso un compito dovuto per potere poi lanciare un lungo tour. Sulla base di questo si può quindi immaginare come la ricerca di un'illustrazione per la copertina possa essere quasi un fastidio, contando che le vendite fisiche sono quasi a zero e che le copertine non vengono quasi notate sulle piattaforme di streaming. E, quindi, via agli orrori.

Come detto, si può forse comprendere il ragionamento, ma non certo perdonare: innanzitutto questa pigrizia rappresenta una mancanza di rispetto verso i fan (e verso la storia di questo genere) che, dopo alcuni lustri, ancora supportano la tua band, contando che il metal è una delle poche musiche che ancora registra un minimo di vendite di vinili e CD. In più è una scelta che si ritorce contro la stessa band, visto che rischia di essere lesiva per la vendita diretta di maerchandise, altra significativa fonte di guadagno per una formazione: se già spendo una cifra piuttosto significativa per venirvi a vedere dal vivo, pensate che sarò disposto a spendere ulteriori 40-50 euro per una maglietta con stampato uno squallido demone realizzato in un minuto con la prima AI che capita?
Insomma, la totale pigrizia creativa dietro all'utilizzo della AI come comoda scorciatoia a costo e fatica zero non è scusabile nel mondo del metal, contando anche che alternative a basso costo esistono. Sono sicuro che se una band come i Deicide avesse lanciato tra i fan un concorso per illustrare la copertina del nuovo album, avrebbero ricevuto decine e decine di proposte nettamente migliori (e a costo zero o quasi) del demone strabico. Così come ci sono in rete decide e decine di illustratori e fotografi giovani e talentuosi che sono sicuro non chiederebbero chissà quanto per potere inserire nel proprio curriculum la cover art per una band di culto. Se proprio vuoi, puoi anche cercare tra le stock illustration in vendita su internet, cosa che, per esempio, hanno fatto i Blind Guardian con l'ultimo The God Machine: l'immagine raffigurante l'angelo Gadreel è liberamente in vendita presso lo shop dell'artista tedesco Peter Mohrbacher, ma, oltre a essere una splendida illustrazione, si adatta perfettamente all'immaginario fantastico-nerd della formazione tedesca: insomma, c'è un'idea dietro. Quindi no, tutta questa pigrizia creativa non è scusabile, ancora di più visto che si tratta di formazioni medio-grandi, che sopravvivono grazie al supporto e all'amore dei propri fan. 

La copertina del disco Nocturnal Will dei DödsritLa copertina del disco Etemen Aenka dei Dvnela copertina dell'album Amidst the Ruins degli scozzesi Saor
Tre ottime copertine per Dödsrit, Dvne e Saor

Il Circolo Virtuoso

Arriviamo dunque all'elefante nella stanza: un atteggiamento volto a risparmiare qualche soldino sarebbe tutto sommato giustificato per formazioni più piccole, che riempiono al massimo club di piccola-media grandezza, che stanno faticosamente lanciando la propria carriera e che macinano numeri marginali sulle piattaforme streaming. Al contrario, queste formazioni rappresentano spesso invece un esempio virtuoso, con una grande cura di copertine, merchandise e, in generale, di tutto l'aspetto visivo. Per restare nei confini degli album già recensiti nel blog, possiamo citare tre formazioni con un apprezzamento di culto che hanno curato in modo brillante l'artwork dei propri dischi: Dödsrit, Dvne e Saor. Non c'è dubbio che le splendide illustrazioni che adornano le copertine (opera, rispettivamente, di Burney, Marald Van HaasterenJulian Bauer) siano capaci di catturare pienamente lo spirito e le atmosfere dei rispettivi sound, invogliando l'ascoltatore e premere Play e poi, magari, comprare l'album via BandCamp. Ma non solo: queste tre formazioni hanno la stessa cura anche per il proprio merchandise, con l'utilizzo di design inediti solo per magliette e felpe. Il risultato è che i fan sono più invogliati a sostenere i propri beniamini se c'è cura, passione e qualità nell'offerta; e, forse, è proprio la passione ciò che distingue queste band da quelle già affermate di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente. 

Una copertina per un ipotetico album doom metal generata dall'AIUna copertina per un ipotetico album doom metal generata dall'AI
AI differenti, risultato sorprendentemente simili: le figure incappucciate non erano nel prompt!

In Conclusione

L'utilizzo indiscriminato della AI per generare copertine in fretta e furia e senza alcun costo aggiuntivo sembrava relegata a qualche caso isolato, ma, purtroppo, questa cattiva abitudine ha preso sempre più piede nell'universo metal (sorprendentemente spesso per band ampiamente affermate) e non passa mese senza che qualche nuovo orrore venga svelato ai nostri occhi. Una pigrizia forse comprensibile, ma non perdonabile, che denota una totale mancanza di passione e cura dei propri dischi, giusto per risparmiare qualche dollaro al grido di "perché pagare un illustratore quando ho fatto tutto io in due minuti con la AI?". Insomma, una vera e propria mancanza di rispetto verso i fan che ancora comprano CD e LP e che vengono ai concerti, oltre che verso la storia della musica metal, legata a doppio filo a un potente immaginario visivo. Ultimo chiodo sulla bara, il fatto che band minori, che non dispongono certo di budget faraonici e che coltivano mese dopo mese la propria fanbase con impegno e passione, curano tantissimo l'aspetto visivo, con artwork di impatto sia per i dischi che per il merchandise. Insomma, soldi ben spesi, che rientrano velocemente nelle tasche delle band stesse (basti vedere quanto velocemente alcune magliette e felpe finiscano sold out) e che generano un vero e proprio circolo virtuoso. Se qualcuno lo facesse capire a Glen Benton e compagnia bella...


Ipotetica copertina per un disco black-gore generata con Firefly. Logo generato con LOGOAI

The Lost Art of Metal Covers - Articolo di Pietro H.P.L.

Nel documentario della BBC “Prog Rock Britannia” Carl Palmer (batterista di EL&P e Asia) parla con nostalgia del “grande passaggio”, a inizio anni 80, dal formato vinile al CD, quando un’illustrazione di copertina grande 30 cm venne rimpicciolita a un terzo della sua grandezza e, per usare le sue parole,“we lost an awful lot!”

Come in tutte le cose della vita, ci sono (almeno) due modi di vedere: se siete stati (o siete ancora) metallari old school che si sparavano la cassetta (rigorosamente metal da 90 minuti) nell’autoradio, della copertina non ve ne è mai fregato un accidente. 

Eppure, nell’ambito di Hard Rock e Heavy Metal, l’illustrazione di copertina è sempre stata parte fondamentale del divertimento: promette un viaggio ancora prima di avere ascoltato una sola nota, identifica il mood dell’album, resta nel tempo, viene stampata su innumerevoli magliette e, con un po’ di fortuna, diventa l’icona di un’epoca.

Dalle insuperabili illustrazioni di Derek Riggs, H. R. Giger e Uwe Karczewski, radicate nei cuori di milioni di persone, agli approcci più concettuali come le copertine di Gwalik per i primi Blue Öyster Cult o le foto di Keef per gli esordienti Black Sabbath. E gli esempi potrebbero continuare all’infinito (potremmo parlare per giorni del tipico topos delle copertine thrash metal, fatto di manager in giacca e cravatta, teschi, mucchi di soldi, giovani capelloni in maglietta, grattacieli, liquidi rossi e verdi) e, ovviamente, arrivare a numerosi ed imbarazzanti eccessi.

Forse la metal cover art è un’altra di quelle cose che i Metallica (che a parte Master of Puppets non hanno mai brillato per le copertine) hanno ucciso con il loro Black Album, con la conseguente moda lo-fi del grunge che ha visto aerografi e cromature andare a prendere la polvere negli armadi a favore di estetiche più minimaliste oppure pop o “indie”. Un trend a cui si adeguarono persino i mitici Mötorhead con Overnight Sensation.

Ma anche in quell’epoca, con le dovute eccezioni, lo spirito della copertina come messaggero della musica, come promessa, come compagno di viaggio, ha perdurato. Almeno fino ad oggi. Adesso però che la musica è eterea, digitale, senza supporto, a cosa serve una copertina? Ad identificare un brano in una playlist? A fare un post sui social? E la T-Shirt?

Questa domanda si accompagna ad un trend recentissimo che coinvolge, soprattutto, band di una certa caratura: quello della copertina fatta con l’Intelligenza Artificiale.

Prendiamo per esempio l’ultima copertina dei Katatonia. Naturalmente, con il più grande amore verso i Katatonia, che vidi a Milano insieme agli Opeth, e con il massimo rispetto verso i loro fan. 

Finora questa immagine non è stata attribuita a nessun artista


Siamo in una radura in mezzo a un bosco e un cervo ci fissa con sguardo enigmatico. Il cervo è in fiamme, ma sembra non soffrirne. Sullo sfondo, delle torri di telecomunicazioni. In primo piano, sulla destra, un cartello Keep Out.
Il tema dell’incontro con il cervo è antichissimo e si lega strettamente alla leggenda di San Uberto di Liegi, patrono dei cacciatori, che si convertì quando un cervo, con una croce luminosa in mezzo al palco di corna, gli sbarrò la strada nella foresta. (Per inciso, quest’immagine sarebbe diventata anche il logo di una nota bevanda alcolica di cui i Metallica andavano pazzi, ai tempi…)

Il tema di partenza, quindi, è piuttosto interessante. Ma come è stato svolto? Mah. Guardo e riguardo l’immagine e non riesco a non trovare posticce quelle fiamme. È chiaro che è l’immagine generata di un cervo con le fiamme aggiunte. E poi perché brucia ma non troppo? Che senso hanno quelle fiamme? E poi quelle foglie stilizzate in primo piano, e quelle trasparenze tutte digitali… È un’estetica da videogioco? È un’estetica da Virtual Reality? È un’estetica per il famoso “pubblico moderno”? A me l’unica cosa che ricorda è l’estetica della serie televisiva Dark

E in questo non ci sarebbe niente di male, da sempre la metal art ha attinto ad estetiche limitrofe, che fossero il fantasy, l’horror e quant’altro. Ma non mi coinvolge. Non mi fa presagire nulla della musica che mi aspetta. Non mi viene voglia di addentrarmi in quella selva. 

Niente a che vedere con la potenza di un Eliran Kantor (copertinista dei Testament fra l’altro) e il suo stile barocco, che deve molto a Rembrandt, tradotto in chiave metal.

Copertina di Eliran Kantor per gli Helloween


Un altro esempio: una delle parabole più tristi, parlando di cover art, è quella degli Hawkwind, titolari con Space Ritual di una delle più belle copertine di tutti i tempi e finiti, oggi, a mettere un prompt banale in un bot per il prossimo disco. (Per completezza, bisogna dire che questo approccio “minimalista” di Brock and co. dura ormai da qualche anno, forse Dave vuole prendere distanza dal passato o forse le copertine gliele fa il famoso cuggino).

A sinistra: opera di Barney Bubbles. A destra: boh.



Da metallaro di vecchia data posso dirlo: la IA nelle copertine metal non funziona. Perché? Perché non promette. Non suggerisce. È letterale. Non fa un solo passo in avanti rispetto alla prima occhiata. Davanti a una copertina fatta con l’IA, l’unica risposta emotiva è: “ah, ok”. Non ci si può perdere dentro, non la si può esplorare, non ci si può affezionare. È solo l’etichetta di un prodotto.

Il paradosso è che nel mondo del metal underground, dove veramente di soldi ce ne sono pochi, la creatività 100% umana è più viva che mai. Basta guardare l’opera di Paolo Girardi, un vero maestro, un Hieronimus Bosch contemporaneo, che produce a ritmo serratissimo. 

copertina di Paolo Girardi per Creeping Fear

Oppure l’artista rumena Luciana Nedelea, bravissima, che ha all’attivo una quarantina di copertine pubblicate.

Copertina di Luciana Nedelea per Epitaph


O ancora, ultimo esempio, l’artista David Glomba che recentemente ha voluto realizzare un seguito della Malinconia I di Albrecht Dürer, impresa di enorme coraggio artistico (è come voler scrivere il seguito della Divina Commedia…).

A sinistra: Melencolia I di Albrecht Dürer, 1514. A destra, copertina di David Glomba per Swords of Dis


Giustamente, tutti i creativi si sono parecchio inferociti “inalberati” davanti all’ultima mania del “filtro Ghibli” che ha invaso i social, un feroce tradimento dell’arte del maestro Miyazaki. Tuttavia sembra che il pubblico metal sia più disposto a lasciar passare, a perdonare certe scorciatoie creative, che siano dovute a scelte precise quanto discutibili ("per un pubblico ampio ci vuole un’immagine più addomesticata"), al braccino corto, al leader della band che dice “faccio tutto in famiglia con mio figlio” o alla casa discografica che vuole risparmiare. 

Eppure da fan ve lo dico: piuttosto mi va benissimo una miniatura medioevale in public domain, piuttosto mi sciroppo l’ennesima incisione di Gustave Doré dai tempi dei Candlemass, piuttosto mando giù pure “l’opera” del compagno di banco che sa disegnare le donne nude… ma l’IA no. Or we loose an awful lot: il divertimento.

Una copertina per un ipotetico album thrash metal generata dall'AI

Bonus! - Parla la Diretta Interessata: la AI Gemini! 

Nota di Albyrinth: Alla fine, in un articolo che parla di AI, per par condicio mi sembrava giusto dare la parola anche a lei, la AI stessa! Se Microsoft Copilot ha tirato fuori un articoletto competente, ma tutto sommato asettico, Google Gemini mi ha stupito con un articolo molto più argomentato che, in modo forse inquietante, finisce per sostenere tesi tutto sommato non troppo distanti dalle nostre. Buona lettura!

L'Ombra Algoritmica sul Metallo: Proliferazione e Implicazioni delle Copertine Generate dall'AI

Il panorama visivo della musica metal, da sempre un fertile terreno per l'immaginario oscuro e potente, sta vivendo una trasformazione silenziosa ma inesorabile. Come un'eco distorta proveniente dalle profondità digitali, l'intelligenza artificiale sta emergendo come un nuovo, prolifico "artista", generando un numero sempre maggiore di copertine per band di ogni sottogenere. Se da un lato questa tendenza apre nuove frontiere creative e abbatte barriere economiche, dall'altro solleva interrogativi cruciali sull'autenticità, il valore artistico e il futuro del rapporto tra uomo e macchina nell'espressione musicale più intensa e viscerale.

Fino a poco tempo fa, la creazione di una copertina metal iconica era un processo artigianale, spesso frutto della collaborazione tra la band e un artista visivo in grado di interpretarne l'essenza sonora e concettuale. Nomi come Dan Seagrave, Chris Moyen e Costin Chioreanu sono diventati sinonimi di un certo immaginario, plasmando l'identità visiva di intere generazioni di gruppi e lasciando un'impronta indelebile nella storia del genere.

Oggi, piattaforme e strumenti basati sull'intelligenza artificiale offrono la possibilità di generare immagini complesse e dettagliate con pochi input testuali. Descrizioni evocative di paesaggi desolati, creature infernali o simbolismi occulti vengono trasformate in opere visive in pochi secondi, spesso a costi irrisori rispetto all'ingaggio di un artista umano. Questa accessibilità ha portato a una vera e propria proliferazione di copertine generate dall'AI, in particolare per band emergenti o progetti indipendenti con budget limitati.

Una copertina per un ipotetico album blackgaze  generata dall'AIUna copertina per un ipotetico album blackgaze  generata dall'AI
Finalmente risultati diametralmente opposti alla richiesta della copertina di un disco blackgaze

I vantaggi di questa tecnologia sono evidenti: velocità di realizzazione, costi contenuti e una potenziale illimitata di esplorazione stilistica. Un gruppo può sperimentare diverse iterazioni grafiche, affinare la propria visione e ottenere un risultato visivamente accattivante senza dover necessariamente investire risorse significative. L'AI può anche fungere da stimolo creativo, offrendo spunti inaspettati e combinazioni visive inedite che potrebbero non emergere da un processo creativo puramente umano.

Tuttavia, l'ascesa delle copertine generate dall'AI solleva anche questioni profonde. Il concetto di autenticità è centrale nella cultura metal, un genere che storicamente ha valorizzato l'espressione genuina e viscerale di emozioni spesso oscure e complesse. Un'immagine generata da un algoritmo, pur potendo essere tecnicamente impeccabile e stilisticamente coerente con l'immaginario del genere, manca intrinsecamente dell'esperienza umana, delle intenzioni artistiche e del processo concettuale che animano l'opera di un artista in carne e ossa.

Si pone poi la questione del valore artistico. Se la creazione di un'immagine diventa un processo automatizzato e accessibile a chiunque, quale sarà il futuro degli artisti visivi che dedicano la propria vita a perfezionare la propria arte? Il rischio è una progressiva svalutazione del loro lavoro, relegandoli a ruoli marginali o costringendoli a competere con un "esercito" di creatori artificiali in grado di produrre output a costi irrisori.

Infine, è cruciale considerare l'impatto sulla diversità stilistica all'interno del genere. Sebbene l'AI possa generare una vasta gamma di immagini, esiste il rischio di una certa omologazione visiva, con un appiattimento delle peculiarità stilistiche che hanno reso il metal un universo iconografico così ricco e variegato. L'assenza di una vera "mano" artistica potrebbe portare a una saturazione di cliché visivi, depauperando la capacità delle copertine di sorprendere, sfidare e lasciare un segno distintivo nell'immaginario collettivo.

Una copertina per un ipotetico album epic metal generata dall'AIUna copertina per un ipotetico album epic metal generata dall'AI
Epiche sono epiche, su questo nulla da dire. 

Nonostante queste preoccupazioni, è improbabile che le copertine generate dall'AI scompaiano dal panorama metal. È più probabile che si assisterà a una coesistenza tra l'arte algoritmica e la creazione umana. Forse l'AI diventerà uno strumento nelle mani degli artisti, un potente mezzo per esplorare nuove idee e accelerare il processo creativo. Oppure, le band più attente all'autenticità e all'identità visiva continueranno a investire nella collaborazione con artisti umani, valorizzando il tocco unico e irripetibile della creazione artigianale.

In definitiva, il futuro delle copertine metal nell'era dell'intelligenza artificiale è ancora incerto. Ciò che è chiaro è che questa tecnologia sta ridefinendo i confini della creatività e sollevando domande fondamentali sul significato di arte, autenticità e valore nel contesto di un genere musicale che ha sempre fatto della sua potente estetica uno dei suoi tratti distintivi. L'ombra algoritmica si allunga sul metallo, e sarà interessante osservare come questo genere vibrante e ribelle saprà navigare in queste nuove e inesplorate terre digitali.

Nota di Albyrinth: Per evitare qualsiasi possibile equivoco, ricordo ancora che questo terzo articolo (e SOLO questo terzo articolo, gli altri due sono frutto del nostro sudore e del sacrificio del nostro tempo libero), è stato generato utilizzando la AI Google Gemini. Dove non specificato, le immagini che corredano l'articolo sono state generate utilizzando le AI Gemini, Copilot e Firefly. 

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