Spiritbox - Tsunami Sea (Recensione)

 

La copertina di Tsunami Sea, secondo album della band canadese Spiritbox

Recensione a cura di Albyrinth

Non c'è alcun dubbio che Tsunami Sea, secondo album dei canadesi Spiritbox (a cui si aggiungono 3 EP) sia uno dei dischi più attesi dell'anno. Sin dalla sua fondazione, 8 anni fa, la formazione capitanata da Mike Stringer (chitarra) e Courtney LaPlante (voce) - compagni anche nella vita - ha saputo catalizzare l'attenzione del pubblico che segue il metal nella sua declinazione più moderna, macinando numeri importanti sulle piattaforme di streaming, con una popolarità in continua ascesa. Merito di un sound che, esattamente come la formazioni di maggiore successo negli ultimi anni (per esempio Knocked Loose, Sleep Token e Falling in Reverse) è trasversale e riesce a toccare i generi più disparati, tra riferimenti netti a deathcore e djentcore, intricate strutture ritmiche progressive, ricercate melodie radiofoniche e una non nascosta attitudine per la musica pop. Insomma, una musica che passa da violentissime sventagliate vicine al deathcore a brani eterei dominati dalla bella voce di Courtney, fino addirittura a tracce più "danzerecce" con inserti elettronici.
A questo si aggiunge una buona gestione dell'attività della band: la presenza di nuovi brani da pubblicare mensilmente sulle piattaforme streaming è costante in modo da massimizzare la probabilità di venire prese dagli algoritmi e aggiunte alle playlist automatiche; allo stesso tempo, ognuno dei brani ha un suo video, sempre molto curato. Infine, è chiaro come la formazione canadese abbia iniziato a lavorare sempre di più sulla propria immagine, in particolare su quella di
Courtney LaPlante, la cui presenza su social, video e materiali promozionali è aumentata esponenzialmente. Insomma, è abbastanza chiaro come gli Spiritbox siano tra i maggiori candidati ad essere la "Next big thing" nel metal moderno: Tsunami Sea sarà l'album capace di far fare alla band il definitivo salto di qualità e popolarità? Dopo molti ascolti posso tranquillamente affermare che il disco non solo è davvero valido, ma che ha un potenziale commerciale enorme. Ma andiamo con calma...

I miei problemi con la musica degli Spiritbox erano sostanzialmente due: una certa eccessiva uniformità dei brani più violenti e pesanti e, soprattutto, un sound che non riusciva quasi mai a coniugare efficacemente l'anima più potente a quella più melodica; in pratica, i lavori precedenti alternavano tracce estremamente potenti dominate dal cantato aggressivo a pezzi più radiofonici dominati invece dal cantato pulito, ma erano rarissimi i casi in cui queste due anime coesistevano nella stessa canzone.
In questo senso, 
Tsunami Sea mostra importanti passi in avanti dal punto di vista della maturità compositiva, con brani caratterizzati da un'imprevedibilità e da una varietà nettamente maggiore, con un sound molto più dinamico. Questo nonostante l'impatto con l'album non sia stato così positivo: i primi ascolti del disco sono stati infatti piuttosto interlocutori e solo alla quarta ripetizione il disco ha iniziato a mostrare tutte le sue qualità. 

L'opener "Fata Morgana" è caratterizzata da un riff lento e pesantissimo che si apre inaspettatamente in un ritornello arioso che si contrappone a complesse ritmiche progressive: l'esempio perfetto di come la formazione canadese abbia lavorato bene per limare i difetti pregressi e per consegnare un sound più coeso. "Black Rainbow" è una traccia oscura e nervosa, caratterizzata da ritmiche molto serrate, riff tritaossa e da inserti elettronici volti a rendere il brano alquanto angosciante. Con "The Perfect Soul" torniamo invece in territori più prevedibili, una traccia abbastanza vicina al metalcore progressivo degli Architects che furono, caratterizzata da un ritornello immediato e radiofonico, dove finalmente viene sfruttata adeguatamente la presenza del bassista Josh Gilbert alle backing vocals per dare maggiore profondità alle sempre ottime linee vocali di Courtney LaPlante.
"Keep Sweet" è una delle tracce migliori dell'album, con le strofe che si avvicinano a sonorità electro-core che si aprono in un ritornello memorabile.
"Soft Spine", curiosamente scelto come primo singolo, è il classico brano di metal moderno, potente, diretto e senza fronzoli, dominato dal cantato aggressivo: nel complesso un po' monocorde e prevedibile, nonostante un lavoro interessante delle chitarre sul ritornello. La title track "Tsunami Sea" è stata, sin da subito, la traccia che mi ha convinto maggiormente, con i suoi chiari riferimenti al sound degli Architects dei tempi d'oro e un ritornello immediato e radiofonico, ma perfettamente azzeccato.
"A Heaven with Two Faces" è la canzone più lunga e strutturata del disco [potrei sbagliarmi, ma è la prima volta che un pezzo degli Spirtibox supera i 5 minuti di durata], caratterizzata da atmosfere ariose e strutture progressive che richiamano quelle degli inglesi Tesseract. Con "No Loss, No Love" si torna a pestare molto molto duro, in quello che è il brano più diretto e straniante del lotto, con una fortissima presenza di inserti elettronici e momenti quasi "spoken word" nel cantato di Courtney.

"Crystal Roses" è decisamente il pezzo più controverso dell'intero disco, visto che si tratta di un vero e proprio pezzo dance, con tanto di ritmo techno, autotune, voci e chitarre filtrate: insomma, tutte cose che il metallaro medio disdegna, ma che sembra studiato alla perfezione per entrare "sotto mentite spoglie" in qualche playlist pop e accumulare milioni di ascolti. Un esperimento decisamente becero, ma con una sua precisa ragione d'essere, parzialmente salvato dal sempre valido gusto melodico della band.
"Ride the Wave" è il brano tutto sommato più anonimo del lotto: un classico mid-tempo giocato su un giro di chitarra già abbondantemente sentito e su un ritornello altrettanto scontato. Il disco si chiude però alla grande con "Deep End", forse il perfetto compendio di quello che è il sound attuale degli Spiritbox, con ritmiche complesse e progressive, riff pesanti e corposi contrapposti e melodie solari e accattivanti, con la voce di Courtney LaPlante sempre grande protagonista, grazie anche a un ritornello esaltante e immediato, quasi virale.

Se si eccettua qualche passaggio a vuoto ("Black Rainbow", "Soft Spine" e "Ride the Wave" sono le tracce che risultano un buon gradino sotto le altre, a mio modestissimo parere), Tsunami Sea rappresenta l'album della maturità per gli Spiritbox, capaci di rendere il loro sound molto più imprevedibile e dinamico, riuscendo a sfruttare al meglio le proprie qualità, fondendo in modo molto più omogeneo le anime che compongono la loro musica. Il sound è così potente e incisivo, ma anche ricco e progressivo, il tutto senza mai dimenticare una certa immediatezza nelle linee vocali (praticamente perfetta la prestazione di Courtney LaPlante, ben supportata da un Josh Gilbert molto più presente alle backing vocals) e nelle melodie, che rendono la formazione canadese perfetta anche per l'ascolto casuale senza per questo risultare troppo smaccatamente commerciale (a eccezione dell'esperimento "Crystal Roses"). In definitiva, un album solido e decisamente riuscito che ha tutte le carte in regola per riuscire a sfondare e mettere d'accordo un po' tutti [sì, anche il metallaro duro e puro]: contando anche che la band si imbarcherà in un prestigioso tour estivo in stadi e arene di supporto ai redivivi Linkin Park, è abbastanza chiaro come il futuro per gli Spiritbox sia decisamente radioso.

Tsunami Sea è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale dell'etichetta Rise Records. E' inoltre disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming, oltre che sulla Pagina Bandcamp della band. Per maggiori informazioni sugli Spiritbox, visitate la Pagina LinkTree della band.

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