Il Calderone Vol.6 - Misteri dal Profondo (Film), The Trauma Code (Serie Tv), Harleen (Graphic Novel), Dadish (VideoGame) - Recensioni
Recensioni a cura di Albyrinth
Nota: Questo articolo potrebbe contenere alcuni SPOILER minori sul film Misteri dal Profondo, sulla serie TV Trauma Code e sulla graphic novel Harleen. Grazie.
Con il Carnevale che si avvicina, la strega rimesta l'impasto per le chiacchiere (o bugie, a seconda della provenienza geografica) nell'ormai noto pentolone. Nella sesta puntata della rubrica-minestrone [che, per correttezza, ricordo ancora una volta essere palesemente ispirata dalla ottima rubrica Mixtape sul portale IGN] parleremo del nuovo film diretto da Scott Derrickson, Misteri dal Profondo (The Gorge), la medical dramedy coreana The Trauma Code su Netflix, la graphic novel Harleen di Stjepan Seijic, e, infine, la serie di videogame indie Dadish, realizzata da Thomas K. Young. Let's go!
Misteri dal Profondo - The Gorge (Recensione)
Levi (interpretato da Miles Teller) e Drasa (interpretata da Anya Taylor-Joy) sono due dei migliori cecchini al mondo (lui americano ex-marine, lei lituana, ma che lavora per i russi) che vengono assoldati per pattugliare due torrette poste sui lati opposti di una gola perennemente oscurata da una misteriosa nebbia. Ai due non viene dato alcun dettaglio sulla minaccia presente nella gola e vengono date istruzioni basilari su come mantenere il sistema di difesa automatico e di occultamento della zona sempre attivo. Spinti dalla solitudine, i due (nonostante fosse vietato dagli ordini) iniziano a comunicare tra loro attraverso cartelloni, sviluppando un'improbabile amicizia. Nel tentativo di incontrarsi di persona i due protagonisti finiranno dispersi sul fondo della gola, dove scopriranno il segreto che nasconde e la minaccia al suo interno, che potrebbe portare alla fine dell'umanità stessa.Ho un certo debole per il cinema di Scott Derrickson, regista, tra gli altri, di uno dei miei film horror preferiti (The Exorcism of Emily Rose), di uno dei miei film Marvel preferiti (Doctor Strange) e del migliore thriller degli ultimi anni (Black Phone, ne avevamo parlato QUI), motivo per cui ero piuttosto incuriosito dalla sua nuova opera, Misteri dal Profondo (solita traduzione fantasiosa italiana del titolo originale The Gorge, traducibile come "La Gola", "La Forra" o "Il Burrone"). In particolare, basandomi sulla sinossi, ero quasi certo si trattasse di un thriller tutto basato sulla soluzione del mistero di cosa ci sia effettivamente nella gola, ma, già alla fine del primo atto, dove le creature che abitano sul fondo del burrone vengono mostrate piuttosto chiaramente, è chiaro che il film andrà a parare in territori molto differenti; ovvero quelli di un ibrido tra una commedia romantica (!) e un film d'azione con qualche spruzzata di horror (stiamo pur sempre parlando di uno dei migliori registi del genere).
In realtà, devo ammettere che la prima metà del film è insospettabilmente ottima: i due protagonisti riescono a generare immediatamente empatia nello spettatore (anche Miles Teller, solitamente abbastanza respingente), la loro amicizia "virtuale" che evolve presto in amore ben fatta e le scene "a distanza" divertenti e ben realizzate (nonostante qualche idea scopiazzata dal remake de L'Alba dei Morti Viventi di Zack Snyder), con anche qualche piacevole omaggio alla carriera dei due attori protagonisti.
Purtroppo, quando nel secondo tempo è ora di cambiare registro e di tuffarsi in lunghe sequenze dedicate all'azione, il film inizia ad appiattirsi verso soluzione piuttosto banali e scontate, non sostenuto dalla sceneggiatura, che invece diventa alquanto problematica, con buchi di trama e alcune pesanti ingenuità, tra computer dove tutti i segreti sono archiviati ordinatamente sul desktop, jeep ferme da decenni che partono al volo e piani di attacco che non hanno il minimo senso. Fortunatamente, a salvare la pellicola ci pensa l'ottima regia di Scott Derrickson, capace di mantenere sempre alto il ritmo e di rendere più dinamiche le scene d'azione, grazie anche a una serie di palesi omaggi al mondo dei videogiochi. Così il design delle creature nemiche assomiglia a quello di uno dei giochi più famosi degli ultimi 15 anni, la nebbia perenne presente nella gola richiama immediatamente le atmosfere di Silent Hill e le dinamiche dei due protagonisti richiamano invece quelle della saga survival horror più popolare, ovvero Resident Evil. Insomma, il lavoro del regista è talmente buono da fare passare lo spettatore sopra i grossi problemi di sceneggiatura, rendendo la visione di Misteri dal Profondo alquanto piacevole, con il rimpianto che, dopo un primo tempo così azzeccato, c'era il potenziale per una pellicola memorabile, cosa che purtroppo non viene sfruttato.
In realtà, devo ammettere che la prima metà del film è insospettabilmente ottima: i due protagonisti riescono a generare immediatamente empatia nello spettatore (anche Miles Teller, solitamente abbastanza respingente), la loro amicizia "virtuale" che evolve presto in amore ben fatta e le scene "a distanza" divertenti e ben realizzate (nonostante qualche idea scopiazzata dal remake de L'Alba dei Morti Viventi di Zack Snyder), con anche qualche piacevole omaggio alla carriera dei due attori protagonisti.
Purtroppo, quando nel secondo tempo è ora di cambiare registro e di tuffarsi in lunghe sequenze dedicate all'azione, il film inizia ad appiattirsi verso soluzione piuttosto banali e scontate, non sostenuto dalla sceneggiatura, che invece diventa alquanto problematica, con buchi di trama e alcune pesanti ingenuità, tra computer dove tutti i segreti sono archiviati ordinatamente sul desktop, jeep ferme da decenni che partono al volo e piani di attacco che non hanno il minimo senso. Fortunatamente, a salvare la pellicola ci pensa l'ottima regia di Scott Derrickson, capace di mantenere sempre alto il ritmo e di rendere più dinamiche le scene d'azione, grazie anche a una serie di palesi omaggi al mondo dei videogiochi. Così il design delle creature nemiche assomiglia a quello di uno dei giochi più famosi degli ultimi 15 anni, la nebbia perenne presente nella gola richiama immediatamente le atmosfere di Silent Hill e le dinamiche dei due protagonisti richiamano invece quelle della saga survival horror più popolare, ovvero Resident Evil. Insomma, il lavoro del regista è talmente buono da fare passare lo spettatore sopra i grossi problemi di sceneggiatura, rendendo la visione di Misteri dal Profondo alquanto piacevole, con il rimpianto che, dopo un primo tempo così azzeccato, c'era il potenziale per una pellicola memorabile, cosa che purtroppo non viene sfruttato.
Misteri dal Profondo è trasmesso in esclusiva in streaming sulla piattaforma Apple Tv +.
The Trauma Code (Recensione)
Tutti i reparti di medicina d'urgenza degli ospedali coreani sono in crisi a causa dei tagli delle spese nel settore sanitario e per la mancanza di chirurghi dedicati, dal momento che i tirocinanti preferiscono dedicarsi a specializzazioni meno stressanti e più redditizie. Tutto cambia nell'ospedale universitario di Hankuk quando il ministro della sanità caldeggia l'assunzione di Baek Kang-hyuk (interpretato da Ju Ji-hoon) un talentuoso chirurgo che ha operato in alcune delle zone di guerra più pericolose del mondo. La sua determinazione, il suo carattere schietto e sarcastico e la sua volontà ferrea di salvare qualunque paziente a costo anche di calpestare le rigide regole dell'ospedale lo rende però immediatamente inviso ai vertici dell'ospedale, che faranno di tutto per licenziarlo. Tra un'emergenza e l'altra, il dottor Baek riuscirà a crearsi un suo team formato da un promettente chirurgo tirocinante, un'infermiera dal carattere molto pungente e un'anestesista tirocinante con un forte senso del dovere.
Come è noto, le serie tv coreane hanno iniziato a colonizzare permanentemente le piattaforme streaming: merito sicuramente della popolarità portata dalla serie Squid Game, ma anche del fatto che gli spettatori si sono accorti della solidità e della qualità media delle produzioni televisive coreane. The Trauma Code, pur senza un particolare battage pubblicitario, è riuscita a issarsi in cima alle classifiche delle serie più viste su Netflix. Merito di un genere, quello del medical drama, che ha sempre raccolto grandi consensi e, bisogna ammettere che i creatori di The Trauma Code avevano ben chiari i riferimenti a cui basarsi. Già dalla sinossi riportata qui sopra, è ben chiaro come la serie tv segua il canovaccio di E.R. (la vita in Pronto Soccorso, tra un'emergenza e l'altra e i conflitti con gli altri reparti) per l'ambientazione e quello del Dottor House per quanto riguarda il protagonista, chirurgo geniale, sarcastico e ribelle; così come è ben chiaro, dopo la visione degli 8 episodi che compongono la prima stagione del serial, che questi canovacci funzionino ancora benissimo dopo tanti anni, grazie anche a una sceneggiatura molto solida.
A tutto questo si aggiunge, oltre a un cast generalmente azzeccato (su tutti il carismatico protagonista), anche un umorismo molto presente [memorabile la scena satirica in cui tutti applaudono per il fatto che il reparto di onoranze funebri sia quello che guadagna di più nell'ospedale], situazioni surreali e portate al limite, effetti speciali al limite del pacchiano e, in generale, quel pizzico di assurdità tipica delle produzione asiatiche. Insomma, nonostante alcune situazioni sopra le righe e alcune scene un pochino imbarazzanti, The Trauma Code si è rivelata essere un prodotto di ottimo intrattenimento: divertente, assurdo, forse scontato, ma anche solido, appassionante e dotato di un ottimo ritmo, una classica serie da binge watching. Se amate i medical drama e non avete paura di affrontare alcune scene decisamente esagerate e sopra le righe, allora The Trauma Code è un prodotto caldamente consigliato.
A tutto questo si aggiunge, oltre a un cast generalmente azzeccato (su tutti il carismatico protagonista), anche un umorismo molto presente [memorabile la scena satirica in cui tutti applaudono per il fatto che il reparto di onoranze funebri sia quello che guadagna di più nell'ospedale], situazioni surreali e portate al limite, effetti speciali al limite del pacchiano e, in generale, quel pizzico di assurdità tipica delle produzione asiatiche. Insomma, nonostante alcune situazioni sopra le righe e alcune scene un pochino imbarazzanti, The Trauma Code si è rivelata essere un prodotto di ottimo intrattenimento: divertente, assurdo, forse scontato, ma anche solido, appassionante e dotato di un ottimo ritmo, una classica serie da binge watching. Se amate i medical drama e non avete paura di affrontare alcune scene decisamente esagerate e sopra le righe, allora The Trauma Code è un prodotto caldamente consigliato.
Harleen (Recensione della Graphic Novel)
Pubblicata nel 2019 in tre volumetti e poi raccolta in un elegante volume cartonato oversize, la graphic novel Harleen, realizzata da Stjepan Seijic per l'imprint DC Black Label (ovvero fumetti fuori continuità destinati a un pubblico adulto), tenta di raccontare le origini del personaggio Harley Quinn in un universo DC alternativo. Al posto delle tipiche atmosfere pop, l'autore croato opta per un un approccio rigorosamente psicanalitico per tentare di capire come sia possibile che una stimata psicologa non solo finisca per innamorarsi del più pericoloso e violento psicopatico di Gotham, ma addirittura intraprenda una discesa negli inferi della pazzia, il tutto senza ricorrere alla classica spiegazione della relazione tossica.
Un obiettivo ambizioso, forse anche troppo, per un fumettista con relativamente scarsa esperienza come autore completo, che infatti paga dazio. Per quanto interessante, la sua interpretazione del personaggio non brilla per originalità e Seijic non riesce a donare ad Harleen quella profondità necessaria a fare svettare il personaggio, che non genera mai empatia con il lettore. L'autore croato, inoltre, manca sia di sottigliezza che di ambiguità nel raccontare la nascita della relazione con il Joker e la discesa nella follia da parte della protagonista: quando sei costretto a sfruttare un dialogo tra Batman e Alfred per esporre a chiare lettere le due possibili interpretazioni della storia (ovvero se il Joker sia solo un manipolatore narcisista o se i suoi sentimenti nei confronti di Harleen siano invece reali), allora vuol dire che forse non sei stato abile a suggerire le chiavi di lettura della tua opera. A questo si aggiunge il difetto peggiore di Harleen, ovvero i dialoghi di granito: quello dei dialoghi pesanti è uno dei difetti tipici di chi fa il grande salto da disegnatore ad autore completo e Stjepan Seijic non ne è certo immune. Anzi, fino a metà, la graphic novel viaggia a un ritmo molto lento e si rivela una lettura davvero noiosa. Fortunatamente, quando finalmente si vede un po' più di azione, il ritmo migliora, in particolare nella terza e conclusiva parte.
Dove invece Harleen brilla decisamente è nei disegni: Stjepan Seijic è diventato negli anni un disegnatore sopraffino e le sue tavole sono decisamente splendide, sia per quanto riguarda il tratto raffinato [dove, tra l'altro, si intravede l'amore dell'autore per le tematiche BDSM e per il feticismo, senza per questo mai risultare volgare o sessista] che per la costruzione delle tavole sempre molto dinamica con utilizzo di splash page e micro-vignette. Menzione d'onore anche per l'originale e validissimo character design, soprattutto per quanto riguarda il Joker, che va addirittura a ispirarsi al mondo degli shojo manga, così da donare al personaggio quell'aura al contempo maledetta e romantica necessaria a mettere in moto gli eventi della storia (oltre a suggerire che, forse, Harleen possa essere un narratore inaffidabile).
Un obiettivo ambizioso, forse anche troppo, per un fumettista con relativamente scarsa esperienza come autore completo, che infatti paga dazio. Per quanto interessante, la sua interpretazione del personaggio non brilla per originalità e Seijic non riesce a donare ad Harleen quella profondità necessaria a fare svettare il personaggio, che non genera mai empatia con il lettore. L'autore croato, inoltre, manca sia di sottigliezza che di ambiguità nel raccontare la nascita della relazione con il Joker e la discesa nella follia da parte della protagonista: quando sei costretto a sfruttare un dialogo tra Batman e Alfred per esporre a chiare lettere le due possibili interpretazioni della storia (ovvero se il Joker sia solo un manipolatore narcisista o se i suoi sentimenti nei confronti di Harleen siano invece reali), allora vuol dire che forse non sei stato abile a suggerire le chiavi di lettura della tua opera. A questo si aggiunge il difetto peggiore di Harleen, ovvero i dialoghi di granito: quello dei dialoghi pesanti è uno dei difetti tipici di chi fa il grande salto da disegnatore ad autore completo e Stjepan Seijic non ne è certo immune. Anzi, fino a metà, la graphic novel viaggia a un ritmo molto lento e si rivela una lettura davvero noiosa. Fortunatamente, quando finalmente si vede un po' più di azione, il ritmo migliora, in particolare nella terza e conclusiva parte.
Dove invece Harleen brilla decisamente è nei disegni: Stjepan Seijic è diventato negli anni un disegnatore sopraffino e le sue tavole sono decisamente splendide, sia per quanto riguarda il tratto raffinato [dove, tra l'altro, si intravede l'amore dell'autore per le tematiche BDSM e per il feticismo, senza per questo mai risultare volgare o sessista] che per la costruzione delle tavole sempre molto dinamica con utilizzo di splash page e micro-vignette. Menzione d'onore anche per l'originale e validissimo character design, soprattutto per quanto riguarda il Joker, che va addirittura a ispirarsi al mondo degli shojo manga, così da donare al personaggio quell'aura al contempo maledetta e romantica necessaria a mettere in moto gli eventi della storia (oltre a suggerire che, forse, Harleen possa essere un narratore inaffidabile).
In definitiva Harleen non riesce a raggiungere lo scopo che si era prefissato l'autore Stjepan Seijic, quello di rileggere in chiave adulta e psicanalitica le origini del personaggio di Harley Quinn. Quello che rimane è un volume con spunti interessanti, vessato però da dialoghi troppo pesanti e che risulta, generalmente, non così riuscito. Discorso differente per le splendide illustrazioni, che rappresentano il vero motivo per cui affrontare l'acquisto del volume, stampato giustamente in un formato oversize che esalta al massimo le strepitose tavole di Seijic.
Harleen è disponibile come volume nei maggiori store online di libri ed ebook in versione inglese (per DC Comics, ovviamente) e italiana, per Panini Comics. Il volume è anche disponibile in fumetteria e nelle librerie di varia, ovviamente.
Dadish (Recensione della Serie di Videogiochi)
Se c'è una cosa che ho apprezzato particolarmente con l'arrivo delle piattaforme di acquisto di videogiochi digitali e la successiva esplosione dei cosiddetti giochi indie, è stato il ritorno di videogame sviluppati da una sola persona, una pratica molto comune ai tempi antidiluviani di C64 e ZX Spectrum. L'idea che un solo sviluppatore armato solo di tanta creatività, buone intuizioni, volontà ferrea e ovvie capacità possa essere in grado di creare e pubblicare un gioco di successo in tempi dove ci sono giochi che hanno budget più grossi di film blockbuster, è affascinante.
Tutto questo per parlare di Thomas K. Young e della sua creazione più popolare, Dadish. La trama è alquanto semplice: un ravanello animato deve cercare i suoi innumerevoli figli, dispersi in varie parti del mondo. Per farlo dovrà superare tanti piccoli livelli e scontrarsi, suo malgrado con gli scagnozzi di qualche folle psicopatico che vuole conquistare il mondo. La struttura del gioco è semplice: Dadish dovrà attraversare impegnativi livelli platform 2D potendo solo contare su un doppio salto e non potendo in alcun modo distruggere i nemici (tranne negli scontri con i boss di fine mondo).
Se tutto sommato non si può definire nulla di originale, con tante soluzioni prese di peso dai classici del genere, i giochi della serie si distinguono per la varietà dei livelli e per una difficoltà indubbiamente importante (soprattutto man mano che ci si avventura negli ultimi mondi) che però non risulta mai frustrante, se non per prendere qualche stella extra particolarmente ostica (messe lì giusto per i completisti). La grafica in pixel art è ovviamente minimalista, ma adorabile e il sonoro sempre piacevole; completa il tutto l'umorismo presente nelle apparizioni a sorpresa dell'opossum urlante e nei surreali dialoghi tra Dadish e il figlio di turno alla fine di ciascun livello.
Insomma, dei giochi indubbiamente semplici, ma realizzati in modo professionale e con tanta passione, fattore che ha portato a Dadish un certo successo, tanto che, nell'arco di 4 anni, sono usciti Dadish, Dadish 2 e Dadish 3, e addirittura Daily Dadish [tutti i titoli sono poi stati raccolti in un unico pacchetto intitolato Dadish Collection], che permette di giocare a un nuovo livello ogni giorno con tanto di classifica globale dei migliori tempi di superamento. Qualche mese fa, infine, il simpatico ravanello ha fatto il suo ingresso nella terza dimensione con Dadish 3D, un platform 3D che riesce a evitare brillantemente le trappole del genere (salti frustranti, controlli "scivolosi" e telecamera fastidiosa), mantenendo inalterate le caratteristiche vincenti della serie, compreso ovviamente il gran divertimento.
In conclusione, se amate i platform e il retrogaming, consiglio caldamente di acquistare i giochi dedicati a Dadish, contando anche che sono spesso presenti nei saldi degli store digitali al prezzo di un cappuccino e che garantiscono un rapporto qualità-prezzo davvero ottimo, visto che ognuno dei titoli vi occuperà per qualche ora.
Tutto questo per parlare di Thomas K. Young e della sua creazione più popolare, Dadish. La trama è alquanto semplice: un ravanello animato deve cercare i suoi innumerevoli figli, dispersi in varie parti del mondo. Per farlo dovrà superare tanti piccoli livelli e scontrarsi, suo malgrado con gli scagnozzi di qualche folle psicopatico che vuole conquistare il mondo. La struttura del gioco è semplice: Dadish dovrà attraversare impegnativi livelli platform 2D potendo solo contare su un doppio salto e non potendo in alcun modo distruggere i nemici (tranne negli scontri con i boss di fine mondo).
Se tutto sommato non si può definire nulla di originale, con tante soluzioni prese di peso dai classici del genere, i giochi della serie si distinguono per la varietà dei livelli e per una difficoltà indubbiamente importante (soprattutto man mano che ci si avventura negli ultimi mondi) che però non risulta mai frustrante, se non per prendere qualche stella extra particolarmente ostica (messe lì giusto per i completisti). La grafica in pixel art è ovviamente minimalista, ma adorabile e il sonoro sempre piacevole; completa il tutto l'umorismo presente nelle apparizioni a sorpresa dell'opossum urlante e nei surreali dialoghi tra Dadish e il figlio di turno alla fine di ciascun livello.
Insomma, dei giochi indubbiamente semplici, ma realizzati in modo professionale e con tanta passione, fattore che ha portato a Dadish un certo successo, tanto che, nell'arco di 4 anni, sono usciti Dadish, Dadish 2 e Dadish 3, e addirittura Daily Dadish [tutti i titoli sono poi stati raccolti in un unico pacchetto intitolato Dadish Collection], che permette di giocare a un nuovo livello ogni giorno con tanto di classifica globale dei migliori tempi di superamento. Qualche mese fa, infine, il simpatico ravanello ha fatto il suo ingresso nella terza dimensione con Dadish 3D, un platform 3D che riesce a evitare brillantemente le trappole del genere (salti frustranti, controlli "scivolosi" e telecamera fastidiosa), mantenendo inalterate le caratteristiche vincenti della serie, compreso ovviamente il gran divertimento.
In conclusione, se amate i platform e il retrogaming, consiglio caldamente di acquistare i giochi dedicati a Dadish, contando anche che sono spesso presenti nei saldi degli store digitali al prezzo di un cappuccino e che garantiscono un rapporto qualità-prezzo davvero ottimo, visto che ognuno dei titoli vi occuperà per qualche ora.
Dadish è disponibile in formato digitale presso gli store delle singole console, oltre che sui maggiori store digitali di videogiochi per PC. È inoltre disponibile anche per dispositivi mobile presso Play Store e App Store.
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