BAT-BOOMER!!
Articolo a cura di Pietro H.P.L.
4 storie di quando Batman era figo e non assomigliava a tuo papà
Questo articolo, più degli altri che ho scritto in passato, è qualcosa di molto vicino ad un opinion piece, pertanto con un’alta percentuale di soggettività. Il punto di vista espresso è unicamente il mio.
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Batman emerge dalla tomba della mediocrità? Magari... |
Quanto è messo male il pipistrellone, ultimamente.
Mi si dirà: ettecredo, ha fatto un rientro atmosferico dalla Luna con le mutande in testa. Poco prima gli era andato a monte il matrimonio, poi suo padre (di una realtà alternativa) lo aveva pestato di brutto, si era alleato con Bane e aveva ucciso il fedele Alfred.
Mi si dirà: ci sta, solo l’1% oggi ha un maggiordomo.
Fedele a questa linea, aveva perso tutta la sua fortuna e si era ritrovato a vivere… nelle case popolari! direte voi. No: in un quartiere posh stile New York, dove tutti i suoi vicini erano intellettuali di sinistra e una scriveva sul NYT. Giusto, “Defund Batman”, lo ha proclamato la folla.
Anche il suo aspetto, da un po’, è quello (post Frank Miller, quindi vecchio di 40 anni e passa) di un dude che fa palestra ossessiva, muscolatura grossa e pesante, sembra il modello delle magliette della True Classic. Ben lontani dal fisico di Neal Adams e Marshall Rogers, a metà strada fra un ginnasta olimpico e una statua greca (fisico che è stato accaparrato da Nightwing e dal suo sedere).
Mi si dirà: ci sta, Batman è cresciuto con i suoi lettori. Adesso è un padre. Fosse solo un padre… c’ha una famiglia estesa che ci vuole il pullman, e che lui tratta malissimo tutto il tempo.
Anche qui, l’obiettivo sembra rendere Batman sempre più simile ai suoi lettori. Far pensare che basta un paio di squat in più in palestra e poi tuo figlio ti dice: sei Batman, papà!
E poi: il cervello.
Ormai Batman è il dude coi muscoli appiccicati sulle ossa che si infila in ogni nuova situazione a cento all’ora, viene superato in intelligenza anche dal primo teppista che passa, prende un sacco di legnate e dopo averle prese di santa ragione per tre numeri di fila, salta fuori che era tutta una sua strategia. Probabilmente perché è segretamente diventato quel personaggio masochista di Watchmen che Rorschach ha buttato giù da un grattacielo.
Oppure quei poveri cristi della sua extended family devono correre a salvarlo, anche se lui li tratta tratta malissimo tutto il tempo.
E il detective? E l’analista? E il giocatore di scacchi? E l’avventuriero?
È proprio questa sensazione che Batman arrivi sempre secondo ad essere deleteria, per me. Che il Cavaliere Oscuro sia perennemente outsmarted dal Pinguino, dal proprio subconscio Zurr-En-Arrh, dall’amica del cuore di Catwoman, dal ragazzo della pizza…
Nell’ultimo numero di Detective Comics che ho letto prima di finire questo articolo, una nuova villainess riesce persino a iniettargli un sedativo e a prendere il suo DNA.
Mi si dirà: ci sta, non si possono sempre scrivere storie in cui Batman è onnipotente. Giusto, allora scriviamo storie in un cui è un perfetto cogl…. Balle! Batman non arriva mai secondo. Mai.
Mi si dirà: vedi solo quello che vuoi vedere. In fondo anche il tuo amato Bob Haney ne scriveva di cazzate! Come quella storia in cui Batman viene posseduto dal fantasma di un pirata zoppo, dove Wayne Manor viene inspiegabilmente spostata in un paesino di mare e le ceneri dei genitori di Bruce Wayne stanno sopra una mensola della cucina. Fa il paio con la Batcaverna sulla Luna o con Batman che si fa tagliare una mano? Ai posteri…
Certo, Haney è distante nel tempo, ormai è un mito, le libertà che si prendeva sono “artistiche” o figlie del loro tempo; mentre le invenzioni di Snyder o di Zdarsky, altrettanto folli, a me sembrano mancanze di rispetto, strizzatine d’occhio al fandom (come la cavalcata attraverso tutti i Batman alternativi di Batman 135, con tanto di omaggi a Michael Keaton e Adam West) o esagerazioni prive di gusto…
Forse il nocciolo sta nella ricerca dell’identificazione. Adesso Batman deve fare delle cose che anche un palestrato un po’ bambinone, con la tessera di LeRoy Merlin nella Bat-cintura, sarebbe in grado di fare. Siamo a un passo da “Ristruttura la tua casa con Batman”.
Ma non è sempre stato così. Facciamo qualche esempio.
Batman contro un nemico meccanico, più forte di lui sia a livello fisico che intellettivo.
Sto parlando di Failsafe? No, sto parlando di Grendel Prime, nel cross-over in due volumi Batman/Grendel “Devil’s Bones” del 1996.
Come dicevo, un nemico che lo supera a ogni livello. Eppure Batman vince. E senza umiliazioni. Come è possibile? Basta chiamarsi Matt Wagner?
No, basta lavorare su una sceneggiatura profonda, dettagliata, che non si limita a ospitate da fuochi d’artificio o citazioni da Saw.
Grendel Prime e Batman sono molto simili: entrambi freddi, ossessionati dalle loro rispettive “sacre” missioni, entrambi pieni di risorse… eppure l’umanità di Batman (l’empatia, se vogliamo usare una parola di moda) emerge dalla testimonianza del povero Ken Minomoto, nerd del computer che racconta come Batman gli abbia salvato la vita e questo lo ispira a compiere un atto di enorme coraggio. Si potrebbe interpretare che la freddezza della missione di Batman porta a risultati per lui insperati, non previsti o alla peggio non considerati. Batman non vuole certo ispirare nella sua crociata, eppure è una sorta di effetto secondario.
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"Who's got the biggest... brain??" |
Il duello fra Batman e Grende Prime si svolge in molti atti, con risultati che premiano ora l’uno ora l’altro, ma alla fine Prime, proprio nel momento in cui sta per coronare la sua folle quest, non può fare a meno di esporre il fianco e allora il Pipistrellone sa dove colpire.
Mi si dirà: non è mica tanto diverso dalla saga (saga?) di Failsafe. Davvero?
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"Empatico" chi, io?! |
Proseguiamo sul tema dell’empatia, Una qualità di cui il Cavaliere Oscuro non può fare a meno di questi tempi. Ma davvero in passato ne era privo?
La risposta naturalmente è no, e a dimostrarlo ecco questa bella storia del veterano duo Doug Moench & Barry Kitson, uscita in tre numeri su Legends of the Dark Knight 146-148 nel 2001 e, che io sappia, mai ristampata.
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Ahhh!! Quel mullet!! Presto, il Bat-rasoio!!! |
È una storia urbana, incentrata sulla dicotomia innocenza/malvagità. Jordy, dal terribile mullet, è un gigante buono o è un furbissimo psicopatico che la sfanga giocando sulla pietà suscitata dalla sua maschera? Ma qual’è la vera maschera? E Batman, che per una volta mette da parte il suo cinismo e vuole credere nella bontà, quanto si riflette in questa dualità? E quanto paga per averci voluto credere? Per certi versi è una storia con una vena profetica nel suo cercare continuamente l’emozione del lettore. Sarebbe divertente immaginarsela oggi, con milioni di commenti social a fare da corredo all’azione.
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Non sarebbe una storia di Doug Moench senza una Bond-girl a fare da spalla al pipistrellone... |
Fino all’ultimo Batman non molla, nel suo voler credere alla bontà del suo mostruoso antagonista, inimicandosi persino il Commissario Gordon. E il finale, aperto, si risolve nei dubbi di cui il nostro deve farsi carico, senza attendersi una risposta che non arriverà mai.
“Sono arrivato qui sulle ali della melodia. Una melodia rarefatta e imprevedibile quanto le ali di un pipistrello, ma leggera come il volo notturno di un gufo”.
Che coraggio ci vorrebbe oggi anche solo a pensarla una storia così: Batman incontra Charlie Parker. E poi si scatenerebbe subito il discorso dell’appropriazione culturale. Per fortuna l’hanno già scritta e disegnata Gerard Jones e Mark Badger nel 1995, nello speciale Legends of the Dark Knight semplicemente intitolato "Jazz".
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... e lontano dagli altri! |
È una storia fumosa e misteriosa, a tratti perfino autoironica, volutamente esagerata nei toni, dai disegni quasi espressionisti. Il fulcro della trama però è il classico meccanismo alla Rashomon: ogni personaggio (ognuno basato su persone realmente esistite) racconta la propria versione della verità, e sta al pipistrellone mettere insieme i tasselli e vedersela, al tempo stesso, con una gang di hip-hopers che ha deciso che il jazz, insieme al rock, è morto. Un (mica tanto) sottile sottesto: i ricchi bianchi vogliono cristallizzare il jazz in uno stilema deciso da loro, i musicisti vogliono essere liberi di evolversi e persino di tradire il loro passato. Evvai.
Concludiamo con un tema che Batman non calca da un po’, forse perché History Channel ha sceneggiatori migliori: quello dell’archeologia del passato. Come dimenticare la folla avventura in compagnia di Mr. Miracle e della fatale biondona Ingrid Borg nella piramide del faraone extraterrestre Atun?
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Le cattivone di Haney sapevano sempre come fare un'entrata... |
O la spedizione insieme a Ra’s Al Ghul alla ricerca della tomba della Regina Thoth Khepera nella serie animata?
Ma il meglio del meglio sta nella mini-serie di due numeri Book of the Dead, tragicamente (sempre che io sappia) mai più ripubblicata, e firmata sempre da Doug Moench e Barry Kitson.
La sceneggiatura è un gioiello. Raffinata, cesellata al millimetro e ricchissima di citazioni e riferimenti. Chi è in grado di scrivere una storia del genere, oggi? Chi è in grado di condurti per mano, lentamente, nei misteri e nelle contraddizioni del mondo dell’archeologia?
Kitson, da parte sua, ci regala una visione maestosa degli extraterrestri che colonizzarono l’Antico Egitto, trasformando l’iconografia classica in abiti e armature fantascientifiche. L’unico difetto di questa storia (ok, al di là degli ammiccamenti amorosi fra Bruce e la Bond-girl-archeologa, ma è una storia di Doug Moench) è che non ci sia un terzo numero.
Certo, sono storie in cui Batman è un personaggio lontano, irraggiungibile, oltre ogni realismo. Non potrai mai immaginarti di essere Batman o di diventare Batman un giorno. Ma davvero, chi vuole diventarlo? Batman è un personaggio escapistico proprio per questo. Nessuno può essere come lui.
Tantomeno, a livello editoriale, sono storie pensate per essere usate come possibili sceneggiature di un film (come Joker War o la già citata Failsafe), con già compresa la scena che fa gridare “wow” al pubblico nerd in sala.
Tornerà il pipistrello su queste sacre sponde? Chi lo sa, nella sua storia editoriale di spiagge ne ha toccate più di Ulisse. Forse in un futuro non troppo lontano scoprirà nuovi approdi, meno banali e faciloni di quelli che ci tocca leggere adesso. Come diceva tanti anni fa Silvia Serra: “Batman è saggio. Lui sa”.
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