Heavy Metal: i Top e Flop 2024 di Albyrinth's Cave (Articolo)

 Una splash page tratta dal fumetto Doomboy, scritto e disegnato da Tony Sandoval

Nota: Volendo evitare i soliti, terribili, collage di copertine, ho deciso di prendere in prestito una splendida illustrazione tratta dal fumetto Doomboy di Tony Sandoval (pubblicato in Italia da Tunuè). D'altronde la bellezza e la potenza di quest'illustrazione parla da sé, difficile trovare qualcosa di più "metal" di questo!

Il 2024 è stato un anno decisamente ricco di uscite per la musica metal, forse troppo, perché riuscire a stare minimamente dietro alla quantità di uscite mensili è davvero impossibile e il trend non accenna a diminuire. Quando ho consultato articoli simili a questo pubblicati da altri portali (come Metalitalia o Angry Metal Guy) sono rimasto stupito dalla quantità di band di cui non conoscevo neanche l'esistenza o dal fatto che fossero usciti i nuovi lavori di gruppi che seguivo senza che lo sapessi. Per questo motivo, questa classifica non può che essere assolutamente parziale e incompleta, per quanto il tempo che riesco a dedicare all'ascolto della musica sia sempre abbastanza consistente. 
Oltre ai classici top e flop dell'anno, mi soffermerò brevemente anche su quegli album che ho ascoltato, ma di cui non sono riuscito a parlare nel blog, con anche una sezione dedicata ai dischi che attendo maggiormente.


I Miei Album Metal Preferiti del 2024 (Top 5)


La musica proposta dai Dödsrit non sarà certo la più originale sulla piazza, tutt'altro, ma Nocturnal Will si è rivelato un disco assolutamente sorprendente, che si è insediato stabilmente nelle mie rotazioni e non accenna a volersene uscire a oltre 7 mesi dalla sua uscita. Mi sono chiesto se questo album fosse l'equivalente musicale del comfort food, visto che la formazione olandese/svedese propone quel mix di generi che ascolto sempre volentieri (un po' di melodeath scuola primi In Flames, un po' di black melodico scuola Dissection, netti riferimenti al metal classico e un po' di sana ignorante energia data dai riferimenti al crust punk); la verità, però, è che il songwiriting è di altissimo livello e senza punti deboli, le melodie spettacolari, con brani calibratissimi, esaltanti e mai noiosi, interpretati con grande energia dai Dödsrit. Oggettivamente parlando, sono usciti album più completi e personali di questo, ma Nocturnal Will è senza ombra di dubbio il mio disco preferito della scorsa annata; anzi, uno dei  miei preferiti dello scorso quinquennio. 


Quando ho visto che il secondo album degli IOTUNN era un mastodonte da 80 minuti, sinceramente ho temuto che sarebbe presto finito fuori dalle mie rotazioni, non avendo più così tanto tempo o voglia di stare dietro a lavori troppo lunghi e intricati. Fortunatamente è stato lo splendido brano "Mistland" a fungere da chiave per entrare nel ricchissimo mondo sonoro di Kinship che, ascolto dopo ascolto, è cresciuto esponenzialmente. Un lavoro epico, evocativo e complesso, tutto da scoprire, la cui ciliegina sulla torta è il cantato spettacolare di Jón Aldará, che dona al disco un tono solenne e drammatico, coinvolgendo l'ascoltatore. Un disco impressionante, contando anche che si tratta solo del secondo lavoro partorito dalla band danese-faroense.


Sicuramente il mio disco più atteso nel 2024, e le aspettative sono state ripagate ampiamente. Voidkind mostra un'impressionante maturità da parte della formazione franco-scozzese, con un songwriting ricchissimo e denso, dove ogni brano raccoglie una quantità impressionante di riff, melodie, variazioni. Una quantità di idee realmente pazzesca [forse troppo?] per un album lungo meno di un'ora. Detto questo, nelle mie rotazioni, l'album è stato sorpassato da Dödsrit e IOTUNN; oltre che dal precedente Etemen Ænka che continuo a preferire a questo Voidkind, un pelino più istintivo, immediato e scorrevole. Sia chiaro, siamo comunque su livelli di eccellenza.


È da Urd che i Borknagar sono in un invidiabile stato di forma, confermato da Fall, un album che vede, finalmente, una formazione stabile e affiatata, e la cosa si percepisce chiaramente lungo le otto tracce che compongono il disco. Se le coordinate sonore non si discostano molto da quelle del predecessore True North, il songwriting si rivela piacevolmente più progressivo e meno lineare, rinunciando in parte all'immediatezza che aveva caratterizzato le ultime produzioni. Peccato per le prime tre tracce, relativamente debolucce, perché il resto del disco è di qualità eccellente, soprattutto per quanto riguardo la splendida "Northward" che chiude il lavoro. Un ritorno di alta qualità per una delle formazioni più personali e riconoscibili della scena norvegese.


C'era molta attesa per il ritorno dei maestri del blackgaze, i francesi Alcest, dopo ben 5 anni. Ne è valsa la pena, in quanto Les Chants de l'Aurore è un disco davvero riuscitissimo: certo, Neige e Winterhalter non sono usciti dalla loro comfort zone, ma l'album svetta grazie a un songwriting di gran classe, per una musica sognante, affascinante e poetica, graziata da un mood solare e piacevole (in particolare sulla splendida opener "Komorebi"). Detto questo, l'album è gradualmente finito ai margini delle mie rotazioni col passare dei mesi, segno che, forse, non ha le gambe lunghe quanto credevo ed è il motivo per cui Les Chants de l'Aurore non è finito in una posizione più alta.


Le Mie Delusioni del 2024

È sempre difficile trovare i dischi peggiori, in quanto finiscono immediatamente eliminati dalla mia libreria su Spotify, spesso ancora prima di essere ascoltati per intero. Per questo motivo ho optato per mettere tre piccole delusioni di quest'anno: lavori che NON sono assolutamente brutti, ma che non sono totalmente riusciti e da cui mi aspettavo molto di più.


Atteso quasi un ventennio, il sesto disco solista di Bruce Dickinson si è rivelata una mezza delusione, colpa di un songwriting molto eterogeneo e generalmente non troppo ispirato e, soprattutto, di linee vocali che spesso non funzionano come dovrebbero. Non stiamo affatto parlando di un disastro, ma di un lavoro di qualità media che è finito molto velocemente fuori dalle mie rotazioni. Dopo tanta attesa, era davvero lecito aspettarsi qualcosa di più centrato.


Mi stanno molto simpatici i tedeschi Ancst, band indubbiamente molto genuina, militante e coerente, nonostante abbiano spaziato nella loro carriera tra crust hardcore, black metal e pure qualche capatina nel metalcore melodico. Se non si può dire che abbiano mai sfornato capolavori, devo ammettere che il precedente Summits of Despondency mi era piaciuto parecchio, finendo anche tra i miei 5 album più ascoltati del 2020. Risultato purtroppo non replicato dal nuovo Culture of Brutality. Non che ci sia qualcosa in particolare che non funzioni: le coordinate sonore della band tedesca rimangono ben chiare, l'attitudine e l'energia pure, ma l'album non è mai riuscito a lasciare traccia nella mia testa, nonostante non si può dire che le canzoni, prese singolarmente, siano brutte. Semplicemente un ascolto troppo vacuo per me.


Discorso molto simile a quello fatto per gli Ancst: avevo apprezzato il precedente lavoro dei VOLA, Witness, ben bilanciato tra parti più complesse e progressive e parti più squisitamente immediate e radiofoniche. Equilibrio che non ho ritrovato in Friend of a Phantom, un po' più sbilanciato sul lato più commerciale: nulla di male (anche perché la band danese-svedese sa scrivere brani efficaci), ma ho trovato l'ascolto decisamente troppo vacuo per i miei gusti. Problema mio, visto che mi pare che l'album abbia raccolto ottimi consensi, almeno tra gli estimatori del metalcore e dell'alternative metal più radiofonico.


Assenti Giustificati

Sostanzialmente, in questa sezione mi occuperò di alcuni dischi in qualche modo validi o interessanti usciti durante il 2024, che però non hanno trovato spazio su questo portale per un motivo o per l'altro.


C'è una ragione specifica per cui questo album non è stato recensito, nonostante sia fan del buon Devin da tempo immemore, e riguarda un articolo che potrebbe arrivare nelle prossime settimane. Nell'attesa, posso dire che, nonostante il compositore canadese se ne sia rimasto nella sua comfort zone [cosa peraltro giustificabilissima dal fatto che ha composto il disco in 11 giorni], si tratta di un album che ho trovato estremamente piacevole da ascoltare con alcune canzoni memorabili, tanto che sono stato indeciso fino all'ultimo se inserirlo nella top 5. Poi, beh, si sa che ognuno ha la propria idea di come debba suonare l'album perfetto di Devin Townsend, è inevitabile con una discografia così sterminata ed eterogenea. Ah, dopo l'ascolto del disco vi verrà l'irrefrenabile voglia di accarezzare gatti sorseggiando una tazzona di caffè, non dite che non vi avevo avvertito!


Per la serie "famolo strano", ecco i Labyrinthus Stellarum, una band composta da due fratelli ucraini dediti a uno sound che definiscono Cosmic Black Metal, dove suoni elettronici eterei, quasi new age, si uniscono a un ben più terreno black metal atmosferico. Diciamolo subito: l'album Vortex of the Worlds (autoprodotto dal duo) è davvero qualcosa di molto peculiare, in un certo senso davvero estremo per l'unione di mondi tanto distanti [nella mia testa mi sono immaginato i due musicisti vestiti con la divisa di Star Trek e il corpse paint], ma incredibilmente funziona grazie a un buon bilanciamento dei fattori in campo. Scoperto solo qualche settimana fa nonostante sia uscito lo scorso aprile, Vortex of the Worlds continua a rimanere presente nelle mie rotazioni in modo abbastanza sorprendente, visto che ero abbastanza sicuro che questo sound finisse per stancarmi presto. Classico album da "dateci un ascolto e decidete se vi piace o meno".


The Last Will and Testament è stato un piccolo evento, in quanto ha visto il ritorno degli Opeth al growl ed ai classici giri di riff che li hanno resi una delle band più influenti nella storia del metal. Ero abbastanza convinto di farne un articolo, ma, dopo avere letto le buone recensioni apparse su Metalitalia e Metallized, ho cambiato idea, in quanto entrambe esprimono più o meno perfettamente il mio stesso pensiero su questo concept: ovvero che Mikael Åkerfeldt ha fato finalmente pace con il suo passato, capendo che reintrodurre alcuni elementi distintivi del sound degli Opeth che furono non vuol dire svendersi o riciclare all'infinito le stesse idee. Detto questo, The Last Will and Testament non è affatto un lavoro nostalgico o votato al fan service, visto che è invece coerente con l'evoluzione sonora partita da Heritage in poi. A fare la differenza è il songwriting [e il drumming del bravissimo nuovo acquisto Waltteri Väyrynen], tornato finalmente a livelli d'eccellenzaevitando la trappola della noia, per un disco davvero convincente, che piazzerei subito dopo Deliverance a livello di qualità, giusto per capirci. Perché non è finito nella mia top 5, quindi? Semplicemente perché sono in un periodo in cui trovo poca sintonia con il sound degli Opeth


I Blood Incantation sono stati decisamente la band più discussa nel mondo del death metal, e a ragione. L'unione di stilemi tipici del death metal floridiano (eseguiti magistralmente, bisogna ammetterlo) a sezioni progressive decisamente ispirate dai Pink Floyd è talmente peculiare da avere fatto drizzare le orecchie a molti fan della musica estrema. Pur riconoscendo grandissime doti, sia compositive che tecniche, alla formazione di Denver, devo ammettere che trovo la loro proposta musicale poco omogenea, con le parti più tirate che non riescono a unirsi in modo soddisfacente a quelle più progressive e atmosferiche. Insomma, sembra di sentire due (peraltro ottimi) dischi mixati insieme. Detto questo, meritano decisamente un ascolto.


I Kanonenfieber sono stati, insieme ai portoghesi Gaerea, la band in maggiore ascesa nel sottogenere della scena estrema declinata in modo moderno. Forte di un concept ben definito [i testi delle canzoni sono ispirati dalle lettere scritte dai soldati tedeschi durante la prima guerra mondiale, e la formazione si presenta sul palco con le divise da soldato e il volto coperto per simboleggiare la depersonalizzazione causata dalla guerra], il gruppo (in realtà dovrebbe trattarsi di una one-man band) è salito alla ribalta grazie ad un blackened death metal melodico ad altissimo numero di ottani, caratterizzato da melodie che prendono a piene mani dalla canzone popolare tedesca (e che stridono un po' con il concept serioso). Fino a che la velocità rimane alta, Die Urkatastrophe è veramente uno spasso; le magagne, secondo me, vengono fuori sui pezzi più ritmati ed evocativi, dove i Kanonenfieber sembrano pagare dazio, finendo per risultare addirittura noiosetti. Altro disco molto peculiare, comunque: come per i Labyrinthus Stellarum, il consiglio è "dateci un ascolto e decidete se vi piace o meno".


Ad attirarmi verso questo disco è stato il fatto che il leader e unico membro di questo progetto, Tony Dunn, abbia collaborato in passato con i Saor di Andy Marshall, con cui condivide l'approccio (un metal ibridato con le melodie folk scozzesi), ma non lo stile. Il sound degli Sgàile può essere infatti riassunto come un black metal atmosferico (sicuramente ispirato dal blackgaze dei francesi Alcest) in cui si innestano momenti più progressivi e un'attitudine più genuinamente rock. Traverse the Bealach è un lavoro davvero piacevole e convincente grazie alla sua attitudine verace e sincera e al suo songwriting vario e centrato, con un grosso problema: la voce di Tony. Il timbro del musicista scozzese è purtroppo abbastanza sgraziato e, per alcuni, questo potrebbe essere un problema insormontabile. 

I Dischi che Aspetto Maggiormente nel 2025

Concludiamo questa retrospettiva con i dischi che (presumibilmente) arriveranno nel 2025 che aspetto maggiormente.
  • March of the Unheard è l'atteso secondo album dei The Halo Effect e un buon banco di prova per capire se questa band formata da ex-membri degli In Flames e dal prezzemolino Mikael Stanne sia riuscita ad alzare l'asticella della qualità o se, invece, abbia deciso di veleggiare nelle acque sicure (e un po' noiosette) del fan service.
  • This Consequence, nuovo lavoro degli americani Killswitch Engage, arriva ben 5 anni dopo il  non eccezionale Atonement, e sarà interessante capire lo stato di forma della band più rappresentativa per quanto riguarda il metalcore melodico. Di certo i KSE non hanno mai realizzato dischi realmente brutti e questo è un dato di fatto.
  • Sempre riguardo i Killswitch Engage, c'è molta attesa per l'arrivo del progetto parallelo che riunirà il chitarrista, principale compositore e seconda voce Adam Dutkiewicz, all'ex-cantante dei KSE, il bravissimo Howard Jones, contando anche che entrambi i recenti progetti di Howard (Light the Torch e Si0n) non mi hanno mai minimamente convinto.
  • A breve torneranno anche gli Architects con The Sky, The Earth & All Between; la band britannica è decisamente in netta ascesa in quanto a popolarità, nonostante le ultime due uscite discografiche non abbiano convinto tutti, soprattutto i fan storici. Sarà interessante capire se continueranno sulla strada di un alternative metal molto radiofonico chiaramente ispirato dai Bring Me The Horizon o se torneranno al metalcore progressivo e arcigno che li ha resi popolari.
  • Non c'è dubbio che gli Spiritbox siano la "next big thing" per quanto riguarda il metal moderno. Lo dimostrano le tonnellate di ascolti e visualizzazioni sulle piattaforme streaming, le due nomination consecutive ai Grammy Awards, le collaborazioni con la popolarissima rapper Megan Thee Stallion, oltre al fatto che, in giro, già si sentono formazioni con voce femminile che stanno cercando di clonarne il sound. Tsunami Sea ha tutto per fare decisamente il botto e sarà interessante vedere come la band canadese saprà bilanciare le parti più tirate e cattive e quelle più squisitamente pop.
  • Arriverà nei primissimi mesi dell'anno anche il nuovo album dei Saor, Amidst the Ruins. A giudicare dai primi singoli e dalla lunghezza dei brani, sembra che l'approccio più "easy" del precedente Origins sia stato abbandonato per tornare a lunghe suite e canzoni più legati alla tradizione folk. Comunque grande attesa per vedere cosa avrà partorito la penna (e la chitarra) del sempre bravo (e umile) Andy Marshall.
  • Grande attesa anche per The Moth, il ben noto album orchestrale a cui Devin Townsend lavora da oltre un quinquennio. Tutto sembra finalmente pronto, anche perché il musicista canadese è volato in Olanda a registrare il disco poco prima della stagione festiva dello scorso anno. Come al solito, con il buon Devin, è difficile fare previsioni, anche se l'impressione è che si tratti di qualcosa di più intricato, oscuro e serioso rispetto a Powernerd. Tra l'altro pare che il cantante canadese abbia già scritto gran parte di Axolotl, altro lavoro di cui non sappiamo praticamente nulla e che dovrebbe fungere da contraltare a Powernerd.
  • In arrivo anche il nuovo album degli Helloween in formazione riunita; il precedente lavoro mi aveva lasciato un po' di amaro in bocca: discreto, ma tutto sommato molto standard, con pochi highlight e i due cantanti sfruttati malino. Lo stesso Andi Deris ha definito il nuovo disco più tipicamente "happy metal", che fa pensare a composizioni più divertenti e semplici, che possano essere cantate a squarciagola dal vivo. Tutto sommato è proprio quello che la gran parte dei fan delle Zucche sotto sotto desiderano...
  • Dovrebbe uscire anche il nuovo lavoro dei Protest the Hero, una delle mie band preferite in assoluto, con il loro folle e geniale mathcore. Il condizionale è d'obbligo, visti i tempi biblici della formazione canadese; il fatto che le linee vocali siano già state registrate fa ben sperare però. Pochi dubbi sulla qualità sonora, visto che la band capitanata da Rody Walker non ha mai sbagliato un colpo.
  • Più difficile che arrivi il già annunciato nuovo album dei Savatage: nonostante i lavori continuino da alcuni mesi (interrotti, purtroppo, dai gravi problemi di salute di Jon Oliva, che gli impediranno di fare parte del già annunciato tour europeo estivo), non si capisce se questo disco, che concluderà ufficialmente la carriera dei Savatage e che fungerà da omaggio ai compianti Criss Oliva e Paul O' Neill, vedrà effettivamente la luce nei prossimi dodici mesi. Ovviamente attesa spasmodica per il sottoscritto, visto che i Sava sono la band metal a cui sono più affezionato in assoluto.

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