
Recensioni a cura di Albyrinth
Nota: Questo articolo potrebbe contenere alcuni SPOILER minori sul film Don't Move e sulle serie TV Qui Non è Hollywood e The Legend of Vox Machina. Grazie.
Mentre si avvicinano inesorabili le feste e nel pentolone della strega viene rimestata la crema al mascarpone al posto della solita minestra, è ora di tornare alla rubrica del calderone per 5 nuove mini-recensioni dedicate al film di Netflix Don't Move, alla controversa (e acclamata) serie italiana Qui Non è Hollywood su Disney +, alla terza stagione della serie animata The Legend of Vox Machina su Amazon Prime Video, al disco Nordic Gothic del supergruppo scandinavo Cemetery Skyline e, infine, a un paio di considerazioni finali sul videogioco Rogue Legacy 2 (protagonista del primissimo episodio della rubrica). Let's go!
- Don't Move (Recensione)
- Qui Non è Hollywood (Recensione)
- The Legend of Vox Machina (Stagione 3 - Recensione)
- Cemetery Skyline - Nordic Gothic (Recensione)
- Rogue Legacy 2 (Reprise - Recensione)
Don't Move (Recensione)
Iris (interpretata da
Kelsey Asbille) sta per suicidarsi buttandosi dallo stesso dirupo dove morì accidentalmente il figlioletto Mateo. A farla desistere dal grave proposito arriva però lo sconosciuto Richard (interpretato da
Finn Wittrock) che tenta di convincerla a non suicidarsi parlandole con gentilezza e svelandole che anche lui ha dovuto superare un terribile lutto, quello della sua ex-ragazza. Iris decide di non suicidarsi e di scendere dalla montagna insieme al suo provvidenziale salvatore: quello che però non immagina, è che Richard non è affatto un buon samaritano, ma un serial killer che ha scelto lei come sua prossima vittima. Quando la ragazza capisce i propositi dell'uomo è troppo tardi, in quanto lui le ha iniettato un siero che la paralizzerà completamente entro meno di un'ora, rendendo il tentativo di fuga di Iris alquanto disperato.
C'erano sicuramente molte potenzialità in
Don't Move, thriller arrivato su Netflix poco prima di Halloween: uno spunto originale (un uomo convince una donna a non suicidarsi solo per potere farla diventare la propria preda), una trama che, nelle mani di un regista bravo a creare e gestire la tensione sarebbe potuta diventare oro
[il pensiero va a M.Night Shyamalan, uno che, nonostante alti e bassi, sa maneggiare la tensione basata sul nulla come pochi altri; tra l'altro Don't Move ha più di un punto di contatto con il suo ultimo film Trap], e, infine, la produzione di
Sam Raimi, uno che ha un certo fiuto per scovare registi talentuosi (basti pensare a
Fede Álvarez e
Lee Cronin). Invece è proprio la regia banale e scolastica di
Brian Netto e
Adam Schindler a rendere
Don't Move una pellicola vuota e dimenticabile: nonostante l'interpretazione discreta dei due protagonisti, il film si appiattisce su una serie di soluzioni viste e straviste non riuscendo a creare la minima tensione a causa dell'estrema prevedibilità delle scene (su tutte quella con il poliziotto). Anche la trama non riserva la benché minima sorpresa, nonostante ci sarebbe stata la possibilità, verso la fine, di stupire lo spettatore con un azzeccato ribaltamento di ruoli: niente da fare, perché l'idea è gettata immediatamente alle ortiche per arrivare a una scena finale scopiazzata (male) dalla scena madre di un thriller ben più famoso e riuscito. E, per non farsi mancare nulla, non poteva essere assente la telefonatissima catarsi finale, resa in modo alquanto prevedibile. In definitiva,
Don't Move è una pellicola banale, realizzata in modo estremamente canonico e totalmente inoffensiva, incapace di generare la benché minima tensione. Classico prodotto pulitino nella desolante media delle produzioni streaming attuali, purtroppo.
Don't Move è una pellicola trasmessa in esclusiva in streaming su Netflix.
Premessa: eviterò di parlare più del necessario della solita polemicuccia italiana che ha portato prima al sequestro della miniserie su richiesta del sindaco di Avetrana e all'immediato dissequestro una volte eliminato il nome della cittadina dal titolo. Il tutto senza che né il sindaco né il questore avessero visto neanche un minuto della serie. Tanto rumore (e burocrazia) per nulla...
Quando Disney+ annunciò l'arrivo di una serie originale ed esclusiva, basata su uno dei fatti più sconvolgenti di cronaca nera italiana, il delitto di Avetrana, c'era davvero da temere il peggio. Non solo per la condanna sicuramente controversa (sebbene ribadita in tutti e tre i gradi di giudizio) e per dei fatti di cui è oggettivamente difficile parlare, ma soprattutto perché la produzione seriale italiana ha un record alquanto negativo quando si tratta di ricostruire fatti di cronaca nera (o true crime, se vogliamo essere più esterofili). Abbiamo così produzioni che adottano un approccio mortalmente serioso e pesante con un tono dimesso e funereo, mentre altre (soprattutto quelle prodotte da mamma Rai) hanno un approccio più votato al nazionalpopolare, con un a messa in scena spesso sciatta e valori produttivi tarati verso il basso: ne è un buon esempio la recente serie Rai (passata anche su Netflix) dedicata da un altro caso clamoroso di cronaca nera, quello di Elisa Claps, con grandi potenzialità, ma rovinata da una sceneggiatura e una messa in scena alquanto scolastica, nonostante la presenza di un valido cast.
E arriviamo quindi a questo
Qui Non è Hollywood, serie tv scritta e diretta dall'esperto
Pippo Mezzapesa, dove avviene il miracolo: una serie true crime italiana che può tranquillamente rivaleggiare con quelle estere e che riesce ad avere valori produttivi di ottimo livello, una scrittura intelligente e coraggiosa, un cast di ottimo livello, il tutto evitando la trappola del riassuntone didascalico. Innanzitutto è più che apprezzabile la scelta di avere optato per raccontare la storia come ricostruita dagli inquirenti, puntando tutto sulla colpevolezza di Sabrina (
Giulia Perulli) e Cosima (
Vanessa Scalera): qualcuno si è lamentato per la mancanza del dubbio che le cose possano essere andate diversamente (ovvero che il vero colpevole sia Zio Michele, interpretato da
Paolo De Vita), ma la verità è che un approccio simile non solo è complicatissimo da mantenere (basti pensare al recente
Monsters di
Ryan Murphy, alquanto incoerente nei suoi forzatissimi cambi di prospettiva), ma è anche deleterio per la narrazione, che avrebbe rischiato di sfilacciarsi: ricordiamo infatti che questa è una ricostruzione in parte romanzata dei fatti, non un documentario.
Vincente è anche l'idea di narrare tutta la vicenda dedicando ogni episodio a una persona differente, rendendo così più tridimensionali i personaggi e le loro motivazioni. Menzione d'onore anche per il coraggio di alcune scelte non banali (come il non mostrare l'omicidio) e un utilizzo della colonna sonora efficace (soprattutto sulla scena del ritrovamento del cadavere, punteggiata dalla musica dei Muse). Per contro, alcune scelte più surreali, come le "apparizioni" di Sarah (
Federica Pala) a simboleggiare la coscienza di Sabrina, appaiono un po' troppo forzate.
Insomma, a dispetto dei tanti dubbi che avevo alla viglia,
Qui Non è Hollywood si è rivelato essere un prodotto interessante, professionale, assolutamente non morboso né moralistico, che riesce a rivaleggiare senza problemi con le produzioni true crime ben più blasonate e costose realizzate oltreoceano.
Qui Non è Hollywood è una miniserie tv trasmessa in esclusiva in streaming su Disney+.The Legend of Vox Machina (Stagione 3 - Recensione)
Nonostante abbiano già recuperato alcune delle antiche vestigia, la compagnia dei Vox Machina non è ancora in grado di sfidare il potentissimo drago Thordak [doppiato in originale dal compianto Lance Reddick] e i rimanenti draghi del Conclave. A offrire una temporanea alleanza al gruppo è però il drago Raishan (in forma umana), desiderosa di vendicarsi di Thordak per non averla curata dalla maledizione che la affligge: Raishan promette di aiutare i Vox Machina a penetrare nella tana di Thordak prima che nasca la sua progenie e li spedisce a recuperare un'ultima vestigia; peccato che sia custodita in un posto davvero impenetrabile...
Era da qualche tempo che volevo parlare della serie animata
The Legend of Vox Machina, perché si tratta di un prodotto molto interessante, nato "dal basso", e che è riuscito ad arrivare su uno dei maggiori servizi di streaming, senza per questo abbandonare le proprie radici.
La storia dietro alla serie animata è ben nota: durante il lockdown, un gruppo di doppiatori professionisti americani (i cosiddetti
Critical Role) ha iniziato a trasmettere su Twitch le sessioni di gioco di una lunga campagna di Dungeons and Dragon, raccogliendo un grande successo, tanto da riuscire a lanciare una campagna di crowdfunding per realizzare l'adattamento animato della prima campagna del gioco. Il successo della campagna ha così non solo permesso di mettere in cantiere la realizzazione della serie animata, ma ha attirato anche l'interesse di Prime Video, che ha acquisito in esclusiva il progetto. Nonostante l'approdo su uno dei maggiori servizi streaming, i Critical Role hanno mantenuto un sostanziale controllo sul prodotto finale, che ha il suo punto di forza nel mantenersi in un certo senso "artigianale" e guidato dalla totale passione infusa dai suoi creatori. Così, nonostante alcuni innegabili difetti (per esempio una gestione delle trame non impeccabile e un umorismo a volte fuori fuoco),
The Legend of Vox Machina ha saputo imporsi anche tra chi (come il sottoscritto) non ha mai seguito le campagne di D&D, risultando un prodotto a cui, se amate le ambientazioni tipicamente fantasy, è difficilissimo non affezionarsi in virtù del grande cuore pulsante che la alimenta.
Tutte caratteristiche che si riscontrano anche nella terza stagione che chiude sostanzialmente tutte le trame rimaste in sospeso: nonostante difetti palesi quali una gestione della trama non impeccabile con ben 4 boss da combattere in sequenza, alcune sottotrame sentimentali che si trascinano un po' troppo, e il personaggio di Grog che non ha alcun arco narrativo (ma alcune delle battute meno divertenti della stagione),
The Legend of Vox Machina (appena rinnovata per una quarta, meritatissima, stagione)
è rimasta una serie esaltante e piacevolissima, questa volta graziata da un livello di animazione nettamente superiore a quello delle prime due stagioni. Per quanto paradossale, sono proprio le piccole imperfezioni a dare una personalità unica a questo prodotto, a ricordare le sue origini "popolari" (nel senso di prodotto nato dai fan e non da sceneggiatori professionisti).
The Legend of Vox Machina è una serie animata trasmessa in esclusiva in streaming su Prime Video.
Cemetery Skyline - Nordic Gothic (Recensione)
Visto che a Natale si è tutti più buoni, devo fare ammenda: fino ad ora ho sempre massacrato
Mikael Stanne (sia nella recensione dei
The Halo Effect che in quella dei
Dark Tranquillity) quando utilizza il suo impostatissimo cantato pulito. Oltre a tenerci a precisare che non ho nulla contro il buon
Mikael (tra l'altro persona affabilissima se mai vi è capitato di incontrarlo a qualche concerto) e che, anzi, ritengo sia uno dei migliori cantanti aggressivi di tutta la scena metal con un growl riconoscibilissimo ed alquanto espressivo, devo ammettere che sono pochi i casi in cui ho apprezzato il suo cantato pulito (un buon esempio la canzone
"Atoma"); almeno fino ad ora.
Perché invece in
Nordic Gothic, debutto del nuovo supergruppo
Cemetery Skyline, le sue linee vocali sono praticamente perfette all'interno di un sound bilanciato tra richiami alla dark wave ottantiana, gothic rock e un pizzico del doom metal dei
Paradise Lost anni novanta. Insomma, in un disco dove, per forza di cose, i
Depeche Mode sono una delle ispirazioni primarie, le linee vocali di
Mikael (da sempre ispiratissime a quelle di
Dave Gahan) ci stanno a fagiolo.
Ma andiamo con ordine, i Cemetery Skyline nascono come supergruppo formato da Mikael Stanne alla voce, Markus Vanhala (Insomnium) alla chitarra, Santeri Kallio (Amorphis) alle tastiere, Victor Brandt (Dimmu Borgir) al basso e Vesa Ranta (ex-Sentenced) alla batteria. Se spesso i supergruppi sono utili giusto a generare roboanti comunicati stampa seguiti da dischi banalotti e deludenti, con i Cemetery Skyline è piuttosto chiaro come tutti i membri abbiano una passione comune verso certe sonorità ottantiane (che li rende spiritualmente affini ai sempre ottimi The Night Flight Orchestra) e che questo si riverberi perfettamente all'interno del debutto Nordic Gothic. Che non è certo un lavoro indimenticabile, ma, semplicemente un buon disco dove le suggestioni gothic rock si mischiano a linee di chitarra più pesanti, creando un mix che si avvicina abbastanza al sound proposto dai Paradise Lost quasi trent'ani fa con l'album (ai tempi abbastanza bistrattato) One Second. Insomma, un lavoro onesto e piacevole, caratterizzato da un songwriting alquanto immediato e da brani che ti entrano in testa già al primo ascolto. A svettare, in particolare sono "Violent Storm", "Torn Away", "Behind the Lie" (becera al punto giusto) e "Anomalie" con il suo ritornello azzeccatissimo. Per contro, quando arriva il turno di brani più ritmati e delle immancabili ballate, il sound gira un po' a vuoto.
In definitiva Nordic Gothic è un lavoro forse leggerino, ma piacevolissimo, composto e suonato con il giusto mix tra divertimento e professionalità e che riesce nel compito di trovare una casa perfetta al cantato pulito di Mikael Stanne, novello Aleksej Stachanov della scena metal con ben quattro progetti all'attivo negli ultimi mesi. Un disco sicuramente consigliato ai nostalgici delle sonorità dark wave e gothic rock e che fa il paio con gli altrettanto interessanti Never Neverland dei britannici Unto Others e il controverso Sub Rosa In Æternum degli svedesi Tribulation.
Nordic Gothic è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale dell'etichetta Century Media. E' inoltre disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming, oltre che sulla Pagina Bandcamp della band. Per maggiori informazioni, visitate la Pagina Instagram della band.
Rogue Legacy 2 (Reprise) - Recensione
Alla fine della
recensione di
Rogue Legacy 2, mi ero riservato il diritto di tornare a parlare del videogioco una volta terminato: per onestà intellettuale, devo ammettere di essere stato troppo severo nella recensione, soprattutto perché scritta in uno dei rari momenti realmente frustranti del gioco, dove la progressione è limitata dalle statistiche del personaggio ed è necessario un po' di sano "grinding". Invece, una volta superati i pochi momenti di stasi e quelli più criptici
[ci sono un paio di passaggi su cui ho perso svariate decine di minuti prima di capire cosa fare per ottenere una certa abilità], il gioco mostra tutte le sue potenzialità, incoraggiando il giocatore a sperimentare con le varie classi di personaggi, tutte bilanciate molto bene. In più, una volta sconfitto il terzo Estuario, la progressione diventa molto più lineare, spingendo il giocatore ad aumentare esponenzialmente il monte ore per arrivare a una soddisfacentissima conclusione. In definitiva,
Rogue Legacy 2 è un piccolo capolavoro, capace di affascinare sia il gamer più scafato (che avrà pane per i suoi denti con le melanzane nascoste e con alcune sfide cicatrice di difficoltà demonia), sia quello meno esperto, a cui viene data la possibilità di progredire con il proprio passo. Per cui faccio mea culpa e consiglio senza alcuna remora
Rogue Legacy 2, sempre che apprezziate le dinamiche roguelite. Il passatempo perfetto nella spasmodica attesa che arrivi
Hades 2, sequel del roguelite capolavoro che vinse decine di premi come gioco dell'anno 4 anni fa.
Rogue Legacy 2 è disponibile in formato digitale presso gli store delle singole console, oltre che sui maggiori store digitali di videogiochi per PC.
Commenti
Posta un commento