Proprio 30 anni fa, gli Amorphis pubblicarono Tales from the Thousands Lake, un album che proiettò immediatamente la formazione finnica tra i nomi più caldi della scena death metal. D'altronde, dopo un debutto tutto sommato appena discreto come The Karelian Isthmus, nessuno si sarebbe potuto aspettare una tale esplosione di qualità, dove un grezzo e corposo death metal si ibrida con influenze provenienti da doom, folk, psichedelia e addirittura suggestioni orientali per un sound ricchissimo, evocativo ed epico, dove a farla da padroni sono i riff circolari e le complesse melodie intarsiate da tastiere e chitarre dal retrogusto settantiano. Un'evoluzione che si spinse ancora più avanti con il successivo Elegy, un vero e proprio capolavoro (merito anche del nuovo entrato Pasi Koskinen alla voce pulita) che spinge ancora di più il pedale sulla creatività con brani che letteralmente esplodono di personalità e particolari originali, costruendo sulla già ottima base del precedente disco.
Insomma, due vere e proprie pietre miliari del metal anni '90 e che lanciarono la carriera degli Amorphis, ancora attivi con un'ottima fan base dopo oltre un trentennio e 14 album pubblicati. A voler essere sinceri, dopo che Pasi Koskinen abbandonò la band nel 2004, sostituito da Tomi Joutsen, la band ha in qualche modo "cristallizzato" il proprio sound, trovando un buon compromesso tra l'irruenza degli esordi (con tanto di ritorno del growl) e le soluzioni più ricercate e melodiche degli album post-Elegy: uno stile che la band finlandese ha continuato a proporre imperterrita negli ultimi 8 lavori, dischi forse di mestiere a cui manca l'accecante scintilla creativa degli esordi, ma (quasi) sempre sostenuti da un songwriting di ottimo livello, che ha permesso alla formazione finlandese di mantenere un'invidiabile qualità media nelle uscite. Insomma, grazie anche a una formazione molto stabile, la situazione in casa Amorphis è molto tranquilla, forse anche troppo. Per questo motivo ho accolto con curiosità la notizia che sarebbero usciti in sequenza i debutti di ben tre side project messi in piedi da tre dei quattro fondatori rimasti nella band:
Insomma, due vere e proprie pietre miliari del metal anni '90 e che lanciarono la carriera degli Amorphis, ancora attivi con un'ottima fan base dopo oltre un trentennio e 14 album pubblicati. A voler essere sinceri, dopo che Pasi Koskinen abbandonò la band nel 2004, sostituito da Tomi Joutsen, la band ha in qualche modo "cristallizzato" il proprio sound, trovando un buon compromesso tra l'irruenza degli esordi (con tanto di ritorno del growl) e le soluzioni più ricercate e melodiche degli album post-Elegy: uno stile che la band finlandese ha continuato a proporre imperterrita negli ultimi 8 lavori, dischi forse di mestiere a cui manca l'accecante scintilla creativa degli esordi, ma (quasi) sempre sostenuti da un songwriting di ottimo livello, che ha permesso alla formazione finlandese di mantenere un'invidiabile qualità media nelle uscite. Insomma, grazie anche a una formazione molto stabile, la situazione in casa Amorphis è molto tranquilla, forse anche troppo. Per questo motivo ho accolto con curiosità la notizia che sarebbero usciti in sequenza i debutti di ben tre side project messi in piedi da tre dei quattro fondatori rimasti nella band:
- Silver Lake, del chitarrista e leader Esa Holopainen
- Bjørkø, del chitarrista e cantante originale (in growl) della band, Tomi Koivusaari
- Octoploid, del bassista Olli-Pekka Laine
Tre lavori interessanti e molto differenti tra loro per stile e finalità, ma che mantengono tutti legami molto precisi con il sound degli Amorphis (non fosse altro che in tutti e tre partecipa come ospite Tomi Joutsen) e che hanno rappresentato una piacevolissima sorpresa che vale la pena scoprire.
Silver Lake by Esa Holopainen (Recensione)
Per il suo progetto solista, Esa Holopainen si è circondato di una line-up di cantanti di prima fascia, in particolare segnaliamo il leader dei Katatonia Jonas Renkse, Einar Solberg dei Leprous, Björn "Speed" Strid (Soilwork e The Night Flight Orchestra), e anche la divina Anneke Van Giersbergen. A livello di sound il chitarrista finlandese ha deciso saggiamente di non snaturare le proprie caratteristiche, ma, piuttosto, di metterle al servizio di canzoni differenti rispetto alle canoniche sonorità degli Amorphis. Così riff, melodie e strutture sono facilmente riconoscibili dal primissimo momento, ma, come detto, il sound magniloquente e stratificato della band madre lascia il campo a brani più semplici, lineari e immediati, ben sorretti da ottime melodie, per un metal melodico e leggermente progressivo decisamente efficace. Il che non vuol dire canzoni banali o facilmente dimenticabili alla ricerca del ritornello radiofonico, tutt'altro. Silver Lake è uno di quei lavori di puro songwriting, dove emerge tutta la classe e la personalità di Esa Holopainen, compresa un'invidiabile capacità di scrivere canzoni che sappiano adattarsi alla perfezione al cantante ospite di turno senza mai snaturare il proprio stile.
Non stupisce, quindi, che le due tracce più soffuse e malinconiche siano affidate all'ugola di Jonas Renkse o che "Ray of Light", interpretata da Einar Solberg, sia il pezzo più raffinato e ricercato del lotto, perfetto per esaltare le doti interpretative del cantante norvegese. Menzione d'onore anche per il singolo "Storm", affidato al cantante svedese Håkan Hemlin (parte del duo rock-pop Nordman), il brano più radiofonico e immediato, ma che risulta brillante nella sua relativa semplicità.
A livello personale, i pezzi preferiti sono però "Promising Sun" (interpretato in modo impeccabile da Björn Strid), la canzone più tirata del disco che si apre in uno splendido ritornello punteggiato da un ottimo utilizzo del piano, e infine "Fading Moon", brano al contempo sognante ed esaltante, che esalta al meglio le immense doti interpretative di Anneke Van Gierbergen.
Per contro, le uniche tracce sottotono sono "Alkusointu", un oscuro e nervoso pezzo spoken word in finlandese (ma ammetto che è un genere che non digerisco affatto) e "In Her Solitude" con ospite Tomi Joutsen, non sorprendentemente la canzone che più si avvicina al classico sound degli Amorphis e che pare quasi una b-side ripescata dall'archivio.
Per contro, le uniche tracce sottotono sono "Alkusointu", un oscuro e nervoso pezzo spoken word in finlandese (ma ammetto che è un genere che non digerisco affatto) e "In Her Solitude" con ospite Tomi Joutsen, non sorprendentemente la canzone che più si avvicina al classico sound degli Amorphis e che pare quasi una b-side ripescata dall'archivio.
In definitiva Esa Holopainen, con Silver Lake ha partorito un lavoro decisamente riuscito, dove ha intelligentemente sfruttato le sue caratteristiche migliori, adattandole in modo perfetto agli ottimi cantanti che hanno partecipato al disco. Un album davvero valido e piacevole [tolta la copertina, francamente insulsa], che ascolto ancora molto spesso nonostante siano passati oltre 3 anni dalla sua pubblicazione e che è decisamente consigliato anche a chi non segue gli Amorphis, ma vuole ascoltare "solo" un buon lavoro di metal melodico e progressivo scritto e suonato alla grande.
Silver Lake by Esa Holopainen è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale dell'etichetta Nuclear Blast. E' inoltre disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming. Per maggiori informazioni, visitate la Pagina LinkTree del progetto.
Bjørkø - Heartot (Recensione)
Partiamo dall'elefante nella stanza: non ho la minima idea di cosa sia passato nella testa di Tomi Koivusaari nel volere realizzare una terrificante copertina dove appare mezzo nudo in mezzo al pot-pourri. Forse un riferimento oscuro al nome del suo side project (che i sempre attentissimi ragazzi di Metalitalia riferiscono si possa tradurre come "Isola delle Betulle", come riportato nella loro ottima recensione)? Forse un'incomprensibile parodia di qualche immagine concernente la ben più nota Björk?
Fatta questa doverosa precisazione, il progetto Bjørkø nasce con l'intento di pubblicare alcune idee che il chitarrista Tomi Koivusaari aveva accumulato negli ultimi 15 anni. Approfittando della classica pausa nelle attività degli Amorphis, il musicista finnico ha messo insieme il materiale, assoldato una lineup di session man di tutto rispetto (Waltteri Väyrynen degli Opeth alla batteria, Lauri Porra degli Stratovarius al basso, più il poco conosciuto Janne Lounatvuori alle tastiere) e arruolato una lunga serie di ospiti, equamente divisi tra nomi molto popolari nella scena metal (Jeff Walker dei Carcass, Shagrath dei Dimmu Borgir, l'ex-Nightwish Marko Hietala, Addi Tryggvason dei Solstafir e, immancabile, Tomi Joutsen) e nomi della scena locale rock e pop finnica.
Fatta questa doverosa precisazione, il progetto Bjørkø nasce con l'intento di pubblicare alcune idee che il chitarrista Tomi Koivusaari aveva accumulato negli ultimi 15 anni. Approfittando della classica pausa nelle attività degli Amorphis, il musicista finnico ha messo insieme il materiale, assoldato una lineup di session man di tutto rispetto (Waltteri Väyrynen degli Opeth alla batteria, Lauri Porra degli Stratovarius al basso, più il poco conosciuto Janne Lounatvuori alle tastiere) e arruolato una lunga serie di ospiti, equamente divisi tra nomi molto popolari nella scena metal (Jeff Walker dei Carcass, Shagrath dei Dimmu Borgir, l'ex-Nightwish Marko Hietala, Addi Tryggvason dei Solstafir e, immancabile, Tomi Joutsen) e nomi della scena locale rock e pop finnica.
Concettualmente, Heartrot è un lavoro molto simile a Silver Lake di Esa Holopainen: il side project di un chitarrista caratterizzato dalla presenza di cantanti differenti e che tenta di adattare il songwriting allo stile dell'ospite. A livello di fatti, però, i due lavori sono estremamente differenti. Se in Silver Lake c'è un filo comune a legare tutte le tracce e a dare una certa continuità stilistica al disco, con Heartrot, Tomi Koivusaari ha voluto approfittare totalmente della libertà creativa per spaziare tra i generi, in modo anche spiazzante. In che altro modo si può, per esempio, descrivere il passaggio dalla tiratissima "World as Fire and Hallucinations" (con ospite Shagrath), una rasoiata di velocissimo e bombastico death metal melodico, ai suadenti richiami pop (nonostante un intro molto familiare) di The Trickster (interpretata da Jessi Frye), con tanto di parti rappate? Insomma, Heartrot è un classico disco che soffre per l'eccessiva eterogeneità dei brani risultando un ascolto a tratti frustrante, ma non per questo è un album da buttare. Anzi, è encomiabile il coraggio e l'esuberanza creativa di Tomi Koivusaari, nonostante un songwriting non sempre a fuoco.
A mio parere i brani migliori sono il singolo "The Heartroot Rots", che, approfittando della presenza di Jeff Walker, risulta un omaggio riuscito ai Carcass di Heartwork; "Whitebone Wind" (con Marko Hietala e la cantante rock svedese Petronella Nettermalm), quasi un omaggio al sound di Tuonela degli stessi Amorphis, in versione più radiofonica; la già citata "World as Fire and Hallucinations", potente ed esaltante; "Hooks in the Sky", l'unico brano che sfrutta appieno la grande tecnica del batterista Waltteri Väyrynen con tantissimi cambi di ritmo e variazioni di stile e atmosfera, ben interpretato dall'amico Tomi Joutsen. Convincono meno le incursioni in territori più pop e radiofonici, ("The Trickster" e "Magenta"), la noiosa "Vaka Loka" con un Addi Tryggvason piuttosto lamentoso e la scontata "Värinvaihtaja".
In definitiva, Heartrot è un lavoro con alcuni punti di interesse, ma non completamente a fuoco: con un songwriting così eterogeneo è abbastanza ovvio che il disco abbia alti e bassi, e che rischi di rimanere a metà del guado, non soddisfacendo del tutto né i fan degli Amorphis, né ascoltatori casuali magari attratti dai brani più moderni e radiofonici.
Heartrot è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale dell'etichetta Svart Records. E' inoltre disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming, oltre che sulla Pagina Bandcamp del progetto. Per maggiori informazioni, visitate la Pagina LinkTree del progetto.
Octoploid - Beyond the Aeons (Recensione)
Basandomi sul monicker scelto, sul font del logo, sulle foto promozionali e sulla copertina lovecraftiana e allucinogena, avrei giurato che il progetto Octoploid finisse nei più classici terrtiori stoner-sludge-doom e invece, ascoltando il debutto Beyond the Aeons, ho avuto una grande sorpresa. Ma andiamo con ordine: per il suo progetto Octoploid, il bassista Olli-Pekka Laine ha reclutato alcuni amici, incluso Kim Rantala, ex-tastierista degli Amorphis ai tempi di Elegy [tra l'altro, nell'album è presente in qualità di ospite anche il primissimo tastierista della band Kasper Mårtenson]. Dei tre side project presentati in questo articolo, Octoploid è sicuramente quello più vicino a una band vera e propria, tanto che la formazione finnica ha anche tenuto alcuni concerti selezionati questa estate.Tornando quindi al sound scelto da Olli-Pekka Laine per il suo debutto solista, non si tratta di sludge o stoner, ma bensì di un consapevole e voluto ritorno alle sonorità storiche degli Amorphis, per un disco che sta idealmente a cavallo tra il complesso death metal di Tales from the Thousands Lake e le aperture melodiche e la creatività di Elegy. Una scelta sicuramente controversa (ma totalmente legittima visti gli interpreti), contando quanto il sound ricalchi piuttosto fedelmente quello dei due dischi appena citati, con giusto una maggiore presenza degli elementi psichedelici rispetto a quelli più folk.
Ma, a fare la differenza, è la qualità della scrittura: se a un primo impatto si ha l'impressione di essere di fronte a un buon esercizio di stile, il disco, ascolto dopo ascolto, cresce esponenzialmente: in particolare, mi ha colpito l'ottimo bilanciamento delle canzoni, complesse e stratificate con un lavoro molto encomiabile a livello di chitarre e tastiere, ma sempre comunque accessibili e apprezzabili, cosa che rende Beyond the Aeons un disco compatto, piacevole e mai pesante. A svettare sono i due brani centrali (cantati da Mikko Kotamäki degli Swallow the Sun), "The Hallowed Flame", con la sua impressionante ricchezza sonora e le elaboratissime trame di chitarra e "Concealed Serenity", ben giocato tra il contrasto tra il furente growl delle strofe e lo splendido e accattivante ritornello. Ma, in generale, è difficile trovare brani realmente sottotono (forse giusto il singolo "A Dusk of Vex", davvero un po' troppo scontato nel complesso); così, gli unici veri difetti sono le linee vocali, a volte un po' piatte nelle parti growl e non abbastanza evocative in quelle pulite, e un sound che vuole semplicemente ricalcare quello, vincente, di due dei dischi più rappresentativi del metal anni '90, senza volere aggiungere troppo.
Detto questo, la qualità generale di Beyond the Aeons è decisamente alta e, se Tales from the Thousands Lake ed Elegy sono ancora oggi nelle vostre rotazioni, si tratta assolutamente di un must: un viaggio nel passato di sicuro, non intriso di spenta e malinconica nostalgia, ma di ottima vitalità creativa da chi quel sound l'ha effettivamente plasmato trent'anni fa.
Beyond the Aeons è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale dell'etichetta Reigning Phoenix Music. E' inoltre disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming, oltre che sulla Pagina Bandcamp del progetto. Per maggiori informazioni, visitate la Pagina Instagram del progetto.
In Conclusione
Se la carriera degli Amorphis pare indirizzata da ormai qualche tempo a una certa prevedibilità, con un sound ormai cementato e dischi realizzati con mestiere e professionalità [che non equivale assolutamente ad album brutti, per esempio trovo Queen of Time di qualche anno fa davvero ottimo], i tre side project presentati in questo articolo si sono rivelati delle piacevolissime sorprese. Silver Lake è forse l'album più riuscito, capace di adattare riff e melodie tipiche della band madre in un contesto più immediato, con un utilizzo perfetto del cast di cantanti ospiti. Heartrot è il lavoro che ha utilizzato meglio la libertà creativa garantita da un progetto solista per un disco imprevedibile e, nel bene e nel male, decisamente molto eterogeneo, con alcuni brani davvero interessanti. Beyond the Aeons è stata invece una grande sorpresa, anche se è uno di quei dischi per forza di cosa indirizzati a una nicchia di ascoltatori precisa (i fan degli Amorphis della prima ora, giusto per capirci), che sono sicuro però lo adorerà, vista l'alta qualità del songwriting (oltre al piacere di risentire quel tipo di sonorità).
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