From the Past: Planetary: Il Nuovo Watchmen? (Ristampa di una Mia Vecchia Recensione - Parte 1)

 Una banner con parte di una splash page del fumetto Planetary

Cercando su Wikipedia il fumetto Planetary, ho notato (con un certo orgoglio) che c'era ancora linkato un mio vecchio articolo di 18 anni fa, mese più, mese meno, uscito ai tempi per il portale FumettidiCarta.it e ora non più disponibile se non su Archive.org senza più immagini. Essendo l'originale scrittore dell'articolo e ritenendolo contenente degli spunti tutto sommato interessanti, ho deciso di "ristampare" l'articolo sul mio blog, così com'è [resistendo all'irresistibile impulso di metterci pesantemente mano], modificando o togliendo giusto un paio di riferimenti a siti web non più esistenti e aggiungendo un paio di note (tra parentesi quadre e in corsivo) per contestualizzare. Oltre a questo ho pensato di aggiungere (nella parte 2) qualche veloce pensiero su quello che rimane forse il mio fumetto supereroistico preferito degli ultimi vent'anni, sulla sua modernità e sul suo finale (che non era ancora uscito quando scrissi l'articolo). Diamo il via alle danze, quindi!

Una piccola nota finale: nelle considerazioni finali aggiunte ex-novo nella parte 2, eviterò di soffermarmi sulle spinose questioni che hanno portato alla "cancellazione" di Warren Ellis a causa di comportamenti inappropriati, in quanto non pertinenti al fumetto, che non merita di finire nel dimenticatoio per questo.

Una pinup dedicata al fumetto Planetary

Planetary - Il Nuovo Watchmen? (Articolo Originariamente Apparso nel 2006 sul Portale FumettidiCarta.it) - Parte 1

Ammetto che il titolo è volutamente una provocazione: d’altronde molte riviste specializzate americane  si dilettano ad etichettare periodicamente questo o quel fumetto con l’appellativo di “Nuovo Watchmen”, spesso, inutile dirlo, a sproposito, visto che, per quanto indubbiamente valide, opere come Rising Star di Straczinsky o Wanted di Mark Millar e J.G. Jones (entrambe definite come possibili eredi del capolavoro di Moore e Gibbons) non riescono nemmeno ad avvicinarsi alla complessità ed alla perfezione di Watchmen, figurarsi ambire al ruolo di opera fondamentale del fumetto americano del duemila.

Posto che, probabilmente, il “Nuovo Watchmen” non arriverà mai, proviamo a giocare lo stesso ed a pensare a quale possa essere, al giorno d’oggi, un possibile erede del capolavoro di Alan Moore e Dave Gibbons. Spulciando tra la miriade di uscite e di volumi più o meno degni di attenzione probabilmente l’unico nome che rimane è quello di Planetary, la testata con cui lo scozzese Warren Ellis e John Cassaday rilanciarono il Wildstorm Universe a partire dal 1998 [ben prima che finisse acquisito da DC Comics].

Una Splash page tratta dal fumetto Planetary

Può sembrare qualcosa di assurdo paragonare due opere tanto diverse come atmosfera ed intenti, eppure, riflettendoci e scavando sotto il mero aspetto esteriore, si scoprono alcune interessanti analogie. Innanzitutto entrambi i fumetti, stilisticamente parlando, rispecchiano fedelmente, diventandone quasi dei simboli, l’epoca in cui sono stati scritti. Watchmen segue il tipico ritmo degli anni ’80, con una sceneggiatura densa ed impegnativa ed una gabbia di vignette praticamente fissa, dove tutto è lasciato allo storytelling, alla sceneggiatura di Moore ed alla grande capacità di interpretarla di Dave Gibbons, senza indulgere, se non dove è strettamente necessario, nella spettacolarità. E’ il trionfo stesso della sceneggiatura e della perizia dello scrittore britannico.

Planetary, invece, è forse il miglior esempio possibile di “narrazione decompressa”, lo stile di sceneggiatura che si è imposto nel mercato statunitense: si tratta di uno stile che bada molto maggiormente al ritmo di lettura, seguendo in pratica quelli televisivi e cinematografici ed alla spettacolarità. In questo modo la serie di eventi presenti in ogni singolo albo è molto minore rispetto al passato e la lettura diventa molto più fluida e veloce, anche se, spesso, molto più vuota; questo ha portato, in alcuni casi, alla possibilità di poter “stiracchiare” un’idea oltre ogni limite portando a cicli e saghe eccessivamente dilatate, dove lo svolgimento avviene in 4 o 6 numeri, quando, a conti fatti, sarebbero bastati un paio di numeri sceneggiati bene per esaurire l’idea. Fortunatamente non è il caso di Planetary, visto che Ellis ha voluto strutturare la sua opera come una serie di tessere che vanno via via a formare un mosaico più ampio. Ogni albo, quindi, è perfettamente leggibile a sé stante e, pur parte di una lunga saga unica, è una microstoria in cui l’autore scozzese omaggia l’immaginario fantastico dello scorso secolo.

Un banner della graphic novel Watchmen

E proprio il territorio dei riferimenti, degli omaggi e del metafumetto è forse l’analogia più lampante tra le due opere. In Watchmen, Moore basa il suo universo sulla storia del fumetto americano, con le due squadre di supereroi che corrispondono idealmente alla Golden ed alla Silver Age, ovvero i due momenti formanti del mercato supereroistico americano ed il Keene Act (che di fatto rende i supereroi illegali) corrisponde all'istituzione del famigerato Comics Code.

L’obiettivo dichiarato di Ellis in Planetary era quello di costruire la propria saga tramite albi autoconclusivi, ognuno dei quali contenesse almeno un omaggio (sia a livello di testi che grafico e ne è un ottimo esempio l’albo dove John Cassaday reinventa il proprio stile di disegno per tributare il proprio omaggio al genio grafico di Jim Steranko) ed una “interiorizzazione” di un personaggio o di un’opera facente parte dell’immaginario del novecento. Ma, anche qui, non ci si ferma solo al mero riferimento, dal momento che molti dei personaggi “omaggiati” finiscono per diventare parte integrante della saga, se non fondamentali, come nel caso dell’omaggio ai Fantastici Quattro.

In entrambi i fumetti i riferimenti e gli omaggi diventano un vero e proprio secondo livello di lettura, un gioco intellettuale col lettore (totalmente dichiarato in Planetary ed invece molto più sottile in Watchmen) che però si fonde perfettamente con la storia, diventandone parte integrante. Un livello che sicuramente aggiunge spessore e complessità alle saghe, ma che non ne inficiano la lettura, tanto che, anche chi non conosce i riferimenti ed i tributi presenti, può tranquillamente godersi le storie.

Il cast dei personaggi principali della graphic novel Watchmen

Lo stesso sistema dei personaggi è, in realtà, anch’esso un riferimento nelle due opere: come è noto, Alan Moore per Watchmen voleva donare nuova vita ai vecchi eroi della Charlton Comics, i cui diritti erano appena stati acquistati dalla DC e lo scrittore inglese ha dovuto cambiare nomi e costumi solo in seguito al rifiuto della casa editrice. Ellis, invece, ambienta il suo Planetary in quello che dovrebbe essere un universo già delineato, il Wildstorm Universe, ma, in realtà, l’autore scozzese riplasma da zero il mondo creato qualche anno prima da Jim Lee, rifondandolo da zero e donando ad esso nuova vita e coerenza. Nel popolare questo universo narrativo di nuovi personaggi Ellis non nasconde affatto omaggi e tributi alle icone più popolari di casa DC e Marvel: così se in Authority appaiono nel gruppo due personaggi che sono i perfetti contraltari di Batman e Superman, in Planetary lo scrittore scozzese ci presenta la propria versione dei Fantastici Quattro (nonché di tantissime altre icone del fumetto e della letteratura), rendendoli il fulcro principale di tutta la storia.

Un altro aspetto alquanto interessante è quello del metafumetto, ovvero di quelle situazioni che, in pratica, infrangono la barriera tra la pagina disegnata e la realtà. In Watchmen, Moore
e Gibbons fanno largo uso del metafumetto, sia per la presenza costante del fumetto dei pirati (in pratica un fumetto dentro un altro fumetto) che, a conti fatti, rappresenta un perfetto specchio metaforico degli avvenimenti narrati, sia per l’amara riflessione che l’autore inglese fa sullo stato del fumetto americano e sulla mancanza di libertà creativa, bloccata da censure, bigotteria e restrizioni; un tema che stava sicuramente molto a cuore al Sommo in quei periodi, tanto che, poco dopo la realizzazione di Watchmen, se ne andò polemicamente dalla DC proprio per questioni di censura [Nota: la questione è ben più complessa di così e riguarda anche un accordo non scritto, poi non rispettato per un cavillo dalla DC, in cui i diritti dell'opera sarebbero dovuti tornare nelle mani di Moore e Gibbons].
Anche Ellis in Planetary inserisce spesso personali riflessioni sul mondo del fumetto: è il caso, in particolare, dell’episodio dove l’autore scozzese omaggia i personaggi della Vertigo [ora Black Label]. Quella dello scrittore scozzese è in realtà una riflessione a metà strada tra il sentito tributo ad una generazione di autori straordinari (capitanati ovviamente dallo stesso Moore, visto che opere come Swamp Thing e Watchmen sono state a tutti gli effetti gli apripista che hanno portato alla nascita dell’imprint Vertigo) ed una pungente ironia sull’esagerazione che si è compiuta nel cercare di rendere più “adulti” ed oscuri gli eroi classici.

Due vignette tratte dalla serie Planetary

Entrambe le opere, poi, si segnalano per la loro ricchezza e complessità: sia in Watchmen che in Planetary i rispettivi autori non si limitano a creare uno scenario in cui fare muovere i loro personaggi, ma creano un intero universo coerente. Nei dodici episodi che compongono Watchmen, Moore riesce a creare una storia che copre quasi 50 anni di narrazione, dove non solo è importante ciò che succede nel “presente” in cui si svolge la narrazione, ma tutti gli eventi che hanno portato alla situazione iniziale, con un sistema dei personaggi complesso e legato, nell’arco degli anni, da forti legami che l’autore inglese riesce a delineare con grande perizia nel mezzo della narrazione. Un vero e proprio nuovo mondo, che però appare talmente riuscito e coerente, da portare il lettore a credere che abbia davvero una storia decennale e che veramente sia stato plasmato anni prima da centinaia di albi a fumetti.

Il lavoro di Ellis appare decisamente più facile ad una prima occhiata, dal momento che l’autore scozzese può appoggiarsi ad un universo narrativo già esistente, il Wildstorm Universe. Ad una più attenta analisi appare però chiaro come siano effettivamente pochi e di scarsa importanza gli elementi che Ellis prende dalla vecchia gestione dell’universo narrativo (tra l’altro si riscontrano quasi tutti nell’altra serie creata dallo scrittore, The Authority), mentre, in realtà, assistiamo ad una sua vera e propria rifondazione totale, a partire dalle sue basi: non più la guerra Demoniti-Cherubini che era stata la base narrativa di Wildcats, ma la visione della Terra come un essere semisenziente, che all’inizio di ogni secolo dà “vita” ad una serie di personaggi (Jenny Sparks per Authority e Elijah Snow per Planetary) dotati di poteri straordinari che la proteggano e che, inevitabilmente, diventano il fulcro delle due serie che Ellis crea.
Ancora più interessante è però l’esplorazione che lo scrittore scozzese compie parallelamente sulle due serie del concetto di multiverso, sicuramente uno dei suoi temi più cari (affrontato più che brillantemente anche durante la sua gestione di X-Man per la Marvel): su Authority assistiamo infatti alla creazione del Bleed, una sorta di spazio interdimensionale che collega i vari mondi paralleli ed in cui si muove il supergruppo. Con Planetary, sin dal primo numero, Ellis spiega meglio il suo concetto di multiverso, mutuandolo dalla matematica (la teoria dei frattali), nonché da svariati libri di fantascienza, arrivando all’affascinante rappresentazione dell’universo come un fiocco di neve formato da infinite dimensioni parallele, una visione che mischia con grande efficacia rigorose teorie scientifiche e pura fantasia e che crea un modello originale, credibile ed alquanto interessante.

Una vignetta tratta dalla graphic novel Watchmen

Un altro terreno di paragone interessante è quello della ricchezza della sceneggiatura: in Watchmen Moore, splendidamente assistito da Dave Gibbons, ci regala un vero capolavoro della sceneggiatura.
L’opera è talmente ricca di tanti piccoli elementi che sfuggono ad una prima occhiata da necessitare di più letture per essere apprezzata e compresa a fondo: non solo a livello di indizi che possano portare il lettore a comprendere in anticipo chi possa essere il colpevole del tutto, ma una serie di finezze incredibili (per esempio il quadro con il vetro scheggiato che si vede nel primo capitolo quando Rorschach entra nell’appartamento del Comico o le simmetrie che popolano le pagine dell'opera) che mostrano bene perché Alan Moore sia, senz’ombra di dubbio, uno dei più straordinari fumettisti di tutti i tempi. Insomma, la sceneggiatura di Watchmen è un vero e proprio gioiello, un gioco di scatole cinesi raffinato ed impressionante.

Una pinpu con i protagonisti del fumetto Planetary

Su Planetary, Ellis deve fare i conti con svariate limitazioni: del ritmo di lettura e della necessità di lasciare più spazio alla spettacolarità (vista anche la presenza di un disegnatore straordinario come John Cassaday, che dà il meglio di sé proprio su sceneggiature più ariose) abbiamo già parlato, ma lo scrittore scozzese ha dovuto sottostare (volontariamente, sia chiaro) alla struttura scelta per l’albo. Planetary è una serie regolare, formata da albi autoconclusivi, ognuno dei quali contiene un omaggio: una struttura indubbiamente rigida, che da un lato rende la lettura indubbiamente più semplice ed immediata, ma che dall’altro rischia di rovinare la coerenza interna della storia, l’essere un’unica saga.

Fortunatamente Ellis ovvia brillantemente al problema, costruendo un affresco coerente e ricco, dove, episodio per episodio, svela il quadro generale (non necessariamente in un ordine lineare) e porta avanti la propria saga. E’ in particolare sulla sottotrama dell’identità del Quarto Uomo (ovvero il burattinaio occulto di Planetary), che in pratica caratterizza tutta la prima parte dell’opera, che lo scrittore scozzese riesce ad inserire le migliori finezze, nascondendola in maniera alquanto arguta, sin dal primo episodio, tanti piccoli indizi praticamente invisibili, tanto che, una volta scoperta l’identità del personaggio chiave di tutta la storia, si deve necessariamente rileggere tutti gli episodi precedenti per meglio apprezzare il perfetto lavoro svolto da Ellis. Non mancano, comunque, molte altre finezze che lo scrittore britannico inserisce nelle sue storie, soprattutto sui tanti omaggi e tributi che caratterizzano l’opera e che vanno a stimolare argutamente il lettore alla ricerca dei vari riferimenti. Certo, alla fine può risultare quasi sminuente paragonare la impressionante perfezione stilistica di Watchmen alle sceneggiature più snelle e semplici di Planetary, ma l’opera di Ellis e Cassaday riesce comunque a sfruttare al massimo e con intelligenza il formato scelto.

Finisce qui la prima parte di questo lungo articolo-ristampa dedicato ai parallelismi tra le graphic novel Watchmen e Planetary.
La seconda parte è disponibile a questo URL:
Sia Planetary che Watchmen sono disponibili come volumi nei maggiori store online di libri ed ebook in versione inglese (per Dc Comics , ovviamente) e italiana, per Panini Comics . I volumi sono anche disponibili in fumetteria e nelle librerie di varia, ovviamente. 


Commenti