L’avventura Oltre l’Orrore: il Lovecraft Fantastico di Nevio Zeccara (Recensione)

Ah, Howard Phillip Lovecraft. Croce e delizia di questi tempi di cultura pop con una coscienza sociale.
Da Virgil Finlay a Gou Tanabe, l’elenco degli illustratori sedotti dalle sue sinistre sinfonie dell’orrore è più lungo di un tentacolo di Cthulhu.

Elenco a cui appartiene anche il nostro grande, grandissimo Nevio Zeccara. L’ottimo volume edito da Allagalla si occupa del rapporto molto particolare fra i due artisti, un rapporto lungo e coltivato nel tempo (come non può essere altrimenti), che ha prodotto bellissime illustrazioni e una manciata di storie apparse - questo sì che ha dell’incredibile - sul Giornalino, il settimanale per ragazzi delle Edizioni Paoline.


Del volume vanno assolutamente lodate innanzitutto la qualità della carta e della stampa, veramente ottime e superiori alla media dell’editoria di settore. Protagonisti principali dell’opera sono i racconti fantasy di Lovecraft, il cosiddetto periodo dunsaniano (così chiamato perchè ispirato alle opere di Lord Dunsany), considerato “minore” in quanto giovanile e (in parte) slegato ai temi dell’orrore cosmico che sarebbero diventati il marchio di fabbrica dell’autore.
Forse proprio per questo, il fantasy di Lovecraft ci regala sentimenti quasi del tutto assenti nella sua opera matura: lirismo, senso dell’avventura, amore per gli animali e perfino una sottile ironia. La nostalgia per l’infanzia, per i tetti della città illuminati dal sole del tramonto, da sempre una costante nella tavolozza del vecchio HPL (nei racconti maggiori troverà una collocazione soprattutto ne Il Caso di Charles Dexter Ward), qui è libera, fresca, ingenua, assolutamente godibile.

 

Zeccara ci mette del suo rincarando la dose, aggiungendo tutta la sua sapienza nel trattare l’avventura e il meraviglioso, dandoci così una versione della Dream Quest of Unknown Kadath in cui le poetiche e ampollose descrizioni lovecraftiane si tramutano in visioni affascinanti e la trama può finalmente prendere il sopravvento sullo stile e decollare.

Nevio Zeccara è uno di quegli autori per me immediatamente riconoscibili: le sue anatomie, le sue pose, il modo in cui disegna le mani, i suoi campi quasi sempre lunghi e i primi piani dai volti stilizzati, concentrati in vignette piccolissime, perchè la narrazione è la cosa più importante in una tavola. 

 


 

A voler essere cattivi, Zeccara rimane nel limbo italiano dei “Grandi Antichi Artigiani”, sempre a un passo dalla soglia dei “Grandi Antichi Autori”, forse per due motivi: uno, non si è mai specializzato in donnine e due, ha quasi sempre disegnato per i preti (le Edizioni Paoline). Questo basta alla spocchiosa critica “de noartri” a metterlo in secondo piano.

Credo che la cosa migliore che si possa dire dell’arte di Zeccara è che parliamo di un creatore di mondi (guarda caso, il titolo di uno degli episodi dei suoi Astrostoppisti, lievemente 😄 ispirato a Douglas Adams).
Al pari di molti altri artisti della sua generazione, Zeccara sapeva disegnare di tutto e disegnava tutto bene. La critica colta, invece, premia gli specialisti. Paesaggi naturali, architetture realistiche e non, animali, astronavi, pianeti, alieni, scene d’azione, automobili, globuli bianchi. Zeccara può rappresentare tutto.

Nella mia memoria è stampata un’immagine, tanto semplice quanto potente, del pianeta Saturno che galleggia come un vascello in un immenso oceano (scientificamente possibile, dal momento che il pianeta ha una densità inferiore a quella dell’acqua). È una delle vignette della serie “didattica” del robot Tau-Bis, apparsa sempre su Il Giornalino. Le giovani generazioni non hanno avuto la fortuna di incontrare maestri di questo genere. 

Ma torniamo a Kadath, a cui Zeccara dà vita con uno stile particolarissimo e ricercato, metà Fiandre del XVII secolo (l’influenza dei “quadri contadini” di Pieter Brueghel il Vecchio è evidente soprattutto nell’architettura della città di Ulthar) e metà Medio-Oriente. La mano del grande Nevio plasma architetture, paesaggi, disegna mappe bellissime e stempera con sapienza le parti più orrorifiche, dandoci una sua interpretazione personale del pantheon lovecraftiano. Così i suoi Ghoul sono più simili a tanti dei suoi extraterrestri disegnati per Kriss Boyd, Richard Pickman ha lo sguardo dolce di un pensionato che sorveglia un cantiere stradale, il Sacerdote Atal è sorprendentemente simile al Saruman di Christopher Lee - in anticipo di almeno 10 anni sul film di Peter Jackson (ma va ricordato anche il vecchio che abita il Duomo di Milano ne I Fuggiaschi, scritto da Mino Milani) - e Nyarlathotep è un ibrido fra Dante e Virgilio.

Tutta la saga della Dream Quest, con in aggiunta l’appendice dei Gatti di Ulthar, è il nucleo principale del libro e il suo principale motivo di valore. Di caratura inferiore, ma pur sempre ottima, la resa di The Strange House in the Mist, anche qui tradotta in un ambito puramente fantasy e priva di ogni elemento orrorifico. The Color Out of Space è quello che perde di più, ridotto ad un racconto soprannaturale che per molti versi ricorda lo stile delle storie della EC Comics dei tempi che furono.

 

Una menzione a parte merita La Città sotto i Ghiacci, che riesce a ridurre in sole 16 tavole At The Mountains of Madness, sacrificando il crescendo lento e ossessivo dell’originale per diventare una storia molto ritmata in cui, nel finale, Zeccara sceglie di mostrare l’orrore senza nome che fa impazzire il povero Danforth, con una soluzione forse banalotta ma che va contestualizzata sempre tenendo conto della rivista a cui la storia era destinata. 

Completa il volume la storia incompleta e “dipinta” ad acrilico dedicata a The Festival, che sigla, se ce ne fosse ancora bisogno, la maestria artistica di Zeccara.

Per chi, come me, si è spaventato a morte per sempre con l’antologia I Mostri all’angolo della Strada curata da Fruttero e Lucentini (ricca di tagli, adattamenti e strafalcioni di traduzione degni dell’Editoriale Corno, uno per tutti The Haunter of the Dark tradotto come Il Cacciatore del Buio), questa edizione della frequentazione fra Zeccara e HPL è una boccata d’aria fresca, una vera interpretazione alternativa che invita a frequenti riletture. E questo è il maggior valore che può avere un fumetto.
Adesso, non ci resta che aspettare l’omnibus di Kriss Boyd



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