Il Calderone Vol. 1 (Mini Recensioni): Bodies (Tv + Graphic Novel), RYUJIN (Heavy Metal) e Rogue Legacy 2 (Videogioco)
Innanzitutto una doverosa precisazione: l'idea di una rubrica aperiodica che mi permetta di parlare di serie tv, film, fumetti, dischi e videogiochi che meritano una piccola recensione, ma non un articolo completo, l'ho presa dalla rubrica Mixtape sull'ottimo portale di videogiochi e cinema IGN. Da qui, l'idea del calderone della strega [che ben si abbina alla caverna che dà il nome al blog; riguardo il perché il calderone sia collegato alle streghe nelle credenze popolari, rimando a Questo Articolo] come contenitore degli ingredienti più disparati, con l'immagine di "copertina" che è presa in prestito da un vecchissimo videogioco per il C64, Cauldron, appunto.
Bodies (Serie TV su Netflix) - Recensione
Lo stesso corpo, nudo e con una ferita da arma da fuoco all'occhio, viene trovato nella stessa via di Londra in quattro epoche differenti: 1890, 1941, 2023 e 2053. Le indagini compiute dai detective in ognuna delle ere porteranno alla scoperta di una verità sconvolgente...
Lo spunto di partenza di Bodies, serie inglese prodotta da Netflix tratta dall'omonima graphic novel Dc Comics/Vertigo (ora Black Label) del compianto Si Spencer, era davvero potente e intrigante, ma, sostanzialmente, rimane l'unico vero punto di interesse dell'opera. Bodies, infatti, è un ottimo esempio della decadenza creativa delle produzioni medie di Netflix: trama accattivante, messa in scena pulita e asettica, recitazione discreta (in questo caso a svettare sono Stephen Graham nel ruolo del villain e Shira Haas nel ruolo della detective del futuro), regia asciutta, professionale e impersonale, voglia di osare inesistente e inclusività sempre urlata a gran voce [Nota: alcuni elementi come l'orientamento sessuale del detective del 1890 o quello religioso della detective del 2023 sono presi dal fumetto, dove però sono giustificati in modo alquanto migliore dalla trama].
Insomma, Bodies prende alcuni degli elementi narrativi di maggiore successo degli ultimi vent'anni (il loop e i paradossi temporali di Dark, la cospirazione decennale di X-Files, la distopia di 1984 e V for Vendetta), li mastica e infine li predigerisce per creare una serie terribilmente innocua. Laddove Dark (che rimane sicuramente la maggiore ispirazione delle produzione britannica) trattava i propri spettatori con intelligenza, richiedendo un certo sforzo intellettuale, Bodies tratta i propri come decerebrati, spiegando ogni singolo passaggio e guidandoli per mano verso un finale semi-consolatorio.
In conclusione, non si può dire che Bodies sia una seria brutta o disastrosa (anche solo rimanendo nei confini di Netflix, c'è onestamente di molto peggio in giro), dal momento che regia, sceneggiatura, messa in scena e recitazione sono tutte comunque sufficienti: ciò che affossa la produzione britannica è la sua totale asetticità, il volere giocare al sicuro, preferendo regalare allo spettatore una minestra riscaldata piuttosto che provare a creare una propria personalità. Il paragone con Dark è quindi alquanto impietoso e un buon indicatore della decadenza creativa delle produzioni medie Netflix negli ultimi anni.
Bodies è una serie tv trasmessa in esclusiva in streaming su Netflix.
Bodies (Graphic Novel) - Recensione
Dopo la visione dell'omonima serie TV, comunque intrigato dalle premesse iniziali e approfittando di un ottimo sconto trovato online, ho deciso di acquistare anche la graphic novel di Bodies (edita da DC Comics a suo tempo nel glorioso imprint Vertigo - ora divenuto Black Label - e creata dal compianto autore britannico Si Spencer) per vedere se la trama si sviluppasse in modo differente dalla produzione Netflix. Il risultato finale è realmente sorprendente: pur condividendo personaggi principali, ambientazioni e (ovviamente) lo spunto iniziale, fumetto e serie TV differiscono radicalmente. La graphic novel sceglie un approccio più orientato al misticismo (con un pizzico di orrore cosmico, che non guasta mai), basato su figure messianiche, mentre la serie opta per un approccio fantascientifico basato su loop e paradossi temporali, totalmente assenti dal fumetto originale. Insomma, l'opera originale e il suo adattamento c'entrano abbastanza poco l'uno con l'altro.
Detto questo, la graphic novel Bodies è sicuramente un prodotto interessante, per quanto non totalmente riuscito e, purtroppo, abbastanza pretenzioso in alcuni passaggi. A svettare è la parte grafica: l'idea di affidare ognuna delle epoche a un illustratore differente (i veterani Vertigo Phil Winslade e Dean Ormston per le sezioni ambientate nel passato, le brave Meghan Hetrick e Tula Lotay per quelle ambientate nel presente e nel futuro) è ottima e permette di caratterizzare in modo differente ognuno degli scenari narrativi. Gli illustratori svolgono tutti un lavoro davvero valido, rendendo il volume una vera e propria gioia per gli occhi.
Sicuramente più problematica è la storia imbastita da Si Spencer: Bodies è sorretto da idee interessanti, in particolare quella di rileggere la storia della Gran Bretagna attraverso una figura messianica, che purtroppo si scontrano con una sceneggiatura davvero troppo ostica ed ermetica, che rende la lettura a tratti frustrante. Bodies soffre degli stessi difetti di molti altri fumetti Vertigo degli anni 2000, che volevano seguire la scia degli Invisibles di Grant Morrison, con quella narrazione non lineare e virtuosistica che, in mani meno sapienti, passa dall'essere accattivante e intellettualmente stimolante a semplicemente frustrante. L'impressione è che il compianto sceneggiatore britannico abbia volutamente incasinato la narrazione per renderla più accattivante, perdendone però il controllo e finendo per risultare inutilmente ermetico e pretenzioso.
Sicuramente più problematica è la storia imbastita da Si Spencer: Bodies è sorretto da idee interessanti, in particolare quella di rileggere la storia della Gran Bretagna attraverso una figura messianica, che purtroppo si scontrano con una sceneggiatura davvero troppo ostica ed ermetica, che rende la lettura a tratti frustrante. Bodies soffre degli stessi difetti di molti altri fumetti Vertigo degli anni 2000, che volevano seguire la scia degli Invisibles di Grant Morrison, con quella narrazione non lineare e virtuosistica che, in mani meno sapienti, passa dall'essere accattivante e intellettualmente stimolante a semplicemente frustrante. L'impressione è che il compianto sceneggiatore britannico abbia volutamente incasinato la narrazione per renderla più accattivante, perdendone però il controllo e finendo per risultare inutilmente ermetico e pretenzioso.
In conclusione, Bodies è una graphic novel sorretta da uno spunto iniziale accattivante e da idee potenzialmente molto interessanti, frustrate però da una sceneggiatura decisamente troppo ostica e complessa, che compromette in parte la lettura. Il comparto grafico, invece, è davvero di altissimo livello con i quattro illustratori bravi a infondere la propria personalità per rendere al meglio le differenze tra le varie epoche.
Bodies è disponibile come volume nei maggiori store online di libri ed ebook in versione inglese (per DC Comics, ovviamente) e italiana, per Panini Comics. Il volume è anche disponibile in fumetteria e nelle librerie di varia, ovviamente.
RYUJIN - RYUJIN (Album) - Recensione
Innanzitutto un po' di storia, nonostante RYUJIN sia a tutti gli effetti il primo album dell'omonima band, non si tratta affatto del vero debutto della formazione giapponese, che aveva già pubblicato altri quattro dischi con il nome di Gyze. Il gruppo asiatico era riuscito a crearsi un discreto seguito in Giappone grazie a un folk metal caratterizzato da inserti provenienti dalla musica tradizionale giapponese, uno stile ribattezzato [ehm] Samurai Metal. Un sound che ha affascinato il buon Matt Heafy, leader dei Trivium e grande appassionato di cultura giapponese, che si è offerto di divenire il loro manager e che ha ben pensato di fare ripartire da zero la band con un nuovo nome, RYUJIN (ispirato al mito del dio dragone), riuscendo anche a strappare un contratto con la lanciatissima label austriaca Napalm Records e tentare quindi di espandere la fan base anche in Occidente.
Come suona quindi questo RYUJIN? Il sound è sostanzialmente un misto tra il folk metal a grana grossa e ad alto tasso alcolico dei Korpiklaani, il death metal melodico di scuola Children of Bodom (la opener "Gekokujo" è decisamente un enorme omaggio al compianto Alexi Lahio), un pizzico di power metal e dal mix tra tecnica, eccessi e follia compositiva tipica di molte formazioni metal provenienti dal Paese del Sol Levante; questo assurdo miscuglio è infine condito da melodie e strumenti tradizionali giapponesi che rendono il sound ancora più peculiare. Insomma, un disco non esattamente raffinato, composto da una band che non ha la minima paura di finire in territori pacchiani e ignoranti, e che però dimostra una certa apprezzabile onestà intellettuale di fondo.
A svettare sono soprattutto i brani più tirati e melodici, come "Dragon Fly Free", "Raijin & Fujin" (che vede la partecipazione di un impostatissimo Matt Heafy) e soprattutto "Scream of the Dragon", caratterizzato da uno dei ritornelli più tamarri ascoltati negli ultimi anni. Per contro, quando la formazione giapponese si cimenta con un songwriting più ricercato (in particolare sulla noiosa "The Rainbow Song" e sulla stucchevole "Saigo No Hoshi"), va decisamente fuori giri, mostrando qualche carenza di troppo.
In conclusione, il Samurai Metal dei RYUJIN mantiene le promesse di un metal assurdo, ipermelodico e divertente, con la giusta dose di pacchianeria e ignoranza: l'omonimo album risulta così uno degli ascolti più genuinamente divertenti e piacevoli, per quanto indubbiamente vacuo, esagerato e sopra le righe, degli ultimi mesi.
Nota: Per i fan di manga e anime, c'è pure un'assurda cover di "Guren No Yumiya", la sigla originale della popolarissima serie animata Attack on Titan. Giusto per non farsi mancare nulla...
RYUJIN è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale dell'etichetta Napalm Records. E' inoltre disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming, oltre che sulla Pagina Bandcamp della band. Per maggiori informazioni sui RYUJIN, visitate il Sito Ufficiale della band.
Rogue Legacy 2 (Videogioco) - Recensione
Nel frontespizio del blog si fa chiaramente riferimento anche al mondo dei videogiochi, ma, in quasi due anni di esistenza del sito, mi sono reso conto di non avere mai scritto nulla a riguardo. Un po' per puro timore reverenziale verso chi sa veramente scrivere di questo importantissimo mondo, un po' perché il tempo che riesco a dedicare a Nintendo Switch e PC è relativamente molto basso.
Detto questo volevo perdere qualche minuto a parlare di Rogue Legacy 2, atteso sequel di quello che era stato uno dei successi indipendenti più sorprendenti degli scorsi anni. Rogue Legacy, infatti, prendeva le tipiche dinamiche del genere Roguelite (dove, sostanzialmente, il campo di gioco è randomizzato ad ogni partita e il personaggio muore alla fine di ogni partita, permettendo però al suo successore di mantenerne alcune caratteristiche base o armi specifiche) e le metteva a disposizione di un buon clone di Castlevania. A rendere unica l'esperienza era il fatto che ogni partita era caratterizzata dagli eredi del personaggio principale che potevano presentare tratti unici, come il gigantismo, il nanismo, il daltonismo o la paura dei polli, caratteristiche che potevano modificare in modo sostanziale con effetti sia positivi che negativi, le singole partite. Questa idea (declinata con la giusta dose di ironia) si innesta su una storia semplice, ma accattivante e su un gameplay alquanto solido, con controlli precisi, difficoltà perfettamente calibrata e una curva d'apprendimento perfetta: insomma, un videogame che sa catturare il giocatore in un loop da "un'altra partita e poi stacco".
Dopo avere perso molte ore con il primo gioco della saga, attendevo con ansia il suo seguito, Rogue Legacy 2, che, a essere sinceri, mi sta piacendo, ma meno di quanto pensassi. Questo videogame fa esattamente quello che ci si aspetterebbe da un buon sequel: prende l'idea e il gameplay originale, lima i difetti ed espande qualunque aspetto. Così adesso il gioco è molto più lungo e articolato, la quantità di abilità sbloccabili nella torre decisamente più ampia, il numero di classi disponibili (ognuna con le sue caratteristiche differenti) è praticamente raddoppiato, la quantità di segreti aumentata esponenzialmente e sono state aggiunte nuove mosse e combo, per la felicità dei giocatori più abili con il joypad.
Insomma, tantissima carne al fuoco che garantisce svariate ore di divertimento per i completisti, ma che un po' rovinano quella semplicità di fondo che rendeva così piacevole e irresistibile il primo Rogue Legacy. Detto questo, Rogue Legacy 2 rimane un videogioco di ottima qualità e con pochi difetti, che ha saputo mantenere saldi i punti di forza del predecessore anche se l'impressione è che i bravissimi sviluppatori di Cellar Door Games si siano fatti prendere un po' troppo la mano. Mi riservo comunque la facoltà di tornarci una volta che avrò (faticosamente) finito il gioco.
Detto questo volevo perdere qualche minuto a parlare di Rogue Legacy 2, atteso sequel di quello che era stato uno dei successi indipendenti più sorprendenti degli scorsi anni. Rogue Legacy, infatti, prendeva le tipiche dinamiche del genere Roguelite (dove, sostanzialmente, il campo di gioco è randomizzato ad ogni partita e il personaggio muore alla fine di ogni partita, permettendo però al suo successore di mantenerne alcune caratteristiche base o armi specifiche) e le metteva a disposizione di un buon clone di Castlevania. A rendere unica l'esperienza era il fatto che ogni partita era caratterizzata dagli eredi del personaggio principale che potevano presentare tratti unici, come il gigantismo, il nanismo, il daltonismo o la paura dei polli, caratteristiche che potevano modificare in modo sostanziale con effetti sia positivi che negativi, le singole partite. Questa idea (declinata con la giusta dose di ironia) si innesta su una storia semplice, ma accattivante e su un gameplay alquanto solido, con controlli precisi, difficoltà perfettamente calibrata e una curva d'apprendimento perfetta: insomma, un videogame che sa catturare il giocatore in un loop da "un'altra partita e poi stacco".
Dopo avere perso molte ore con il primo gioco della saga, attendevo con ansia il suo seguito, Rogue Legacy 2, che, a essere sinceri, mi sta piacendo, ma meno di quanto pensassi. Questo videogame fa esattamente quello che ci si aspetterebbe da un buon sequel: prende l'idea e il gameplay originale, lima i difetti ed espande qualunque aspetto. Così adesso il gioco è molto più lungo e articolato, la quantità di abilità sbloccabili nella torre decisamente più ampia, il numero di classi disponibili (ognuna con le sue caratteristiche differenti) è praticamente raddoppiato, la quantità di segreti aumentata esponenzialmente e sono state aggiunte nuove mosse e combo, per la felicità dei giocatori più abili con il joypad.
Insomma, tantissima carne al fuoco che garantisce svariate ore di divertimento per i completisti, ma che un po' rovinano quella semplicità di fondo che rendeva così piacevole e irresistibile il primo Rogue Legacy. Detto questo, Rogue Legacy 2 rimane un videogioco di ottima qualità e con pochi difetti, che ha saputo mantenere saldi i punti di forza del predecessore anche se l'impressione è che i bravissimi sviluppatori di Cellar Door Games si siano fatti prendere un po' troppo la mano. Mi riservo comunque la facoltà di tornarci una volta che avrò (faticosamente) finito il gioco.
Rogue Legacy 2 è disponibile in formato digitale presso gli store delle singole console, oltre che sui maggiori store digitali di videogiochi per PC.
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