Goldrake (Goldorak) (Graphic Novel - Recensione) - Un'Operazione Nostalgia Fatta col Cuore

 

La copertina della Graphic Novel


Nota di Albyrinth: In occasione (finalmente!) dell'uscita italiana della graphic novel per Edizioni BD, riportiamo questa recensione in prima pagina, ricordando che la recensione è stata fatta dopo la lettura del volume originale francese. buona (ri)lettura! 

Sono Pietro H.P.L., un vecchio amico di Albyrinth, che gentilmente ospita questa mia mini-recensione, spoiler-free, dell’albo Goldorak edito in Francia da Kana

Anno 1978. Esordisce sul primo canale della Rai una serie di cartoni animati dal titolo quasi incomprensibile, Atlas Ufo Robot, e le cose, come si suol dire, non saranno mai più le stesse.

Anno 2016. L’autore francese Xavier Dorison scrive al mangaka Go Nagai una lettera (riprodotta nell’appendice dell’albo) che è quasi un manifesto generazionale, una dichiarazione d’amore per Goldorak, come lo chiamano in Francia, e il riconoscimento della sua fondamentale importanza nel formare l’immaginario di - appunto - un’intera generazione. Dorison propone al sensei un seguito a fumetti della serie originale. La lettera è accompagnata dal soggetto e da un paio di tavole di esempio. La risposta è affermativa e nel 2021 l’editore francese Kana, specializzato in manga, dà alle stampe questo succulento volume di bande dessinée, ancora in attesa di un’edizione italiana.


La cover del "dossier" inviato a Nagai che conteneva la sceneggiatura e le sample pages

L’idea di realizzare un seguito di Goldrake, o perlomeno di tornare ad assaporare quel mondo, è degna di scenari proustiani sul potere seduttivo della memoria. Che si tratti di un omaggio, di una storia che ha come target principale chi nel 1978 c’era, è fuori discussione. Ma è anche una buona storia? 

Di sicuro è una gran bella esperienza di lettura, anche grazie ad un’eccezionale cura per il dettaglio e a un reparto artistico semplicemente superbo.


Questione di età 

È piuttoso interessante contrapporre questo Goldorak con il recentemente annunciato reboot di Goldrake in Giappone, accompagnato dalle solite polemiche preventive perché Actarus sarà ritratto come un adolescente.

Qui, al contrario, l’azione prende le mosse 10 anni dopo la conclusione della serie animata e Actarus è un adulto con tanto di sexy-barba (ma, SPOILER, solo nella prima metà dell’albo) e dominato dalla malinconia. Forse ai francesi è mancata l’interpretazione guerriera e un poco ossessiva del nostro Romano Malaspina, fatto sta che questo Actarus è deluso, amareggiato, probabilmente affetto da PTSD, straordinariamente passivo anche nei combattimenti, schiacciato da un senso di colpa che viene chiarito progressivamente durante la storia.

Alcor è solo Alcor, sganciato dalla continuity originale, non è Koji Kabuto e non ha alcun legame con Mazinga Z o la famiglia Yumi. Gioca a fare il ribelle ma in realtà lotta con il suo complesso di inferiorità verso Actarus.

Venusia è la ragazza pura ed altruista, che regge sulle spalle il peso del padre Righel, affetto da demenza, ma il vecchio fanatico degli “spazialiiiii!” riuscirà nonostante tutto a ritagliarsi un’ottima scena da protagonista.

Maria Fleed è la “foxy lady” impulsiva che affronta tutto a botte (e che botte!). 

Il Dottor Procton è la figura del padre perfetto (non a caso nella sua prima apparizione nell’albo è vestito da monaco zen), e non dovrebbe sorprendere ma, con gli occhi di un adulto, si fa fatica ad accettare che sia allo stesso tempo un geniale ingeniere e un abile chirurgo. Ma la magia della narrazione è anche questa.


I disegni

I disegnatori sono ben tre: Denis Bajram, Brice Cossu e Alexis Sentenac. Chi è abituato ai fumetti americani, a sentire nominare tre artisti su un unico albo si starà già mettendo le mani nei capelli, temendo continui “salti” da uno stile artistico all’altro, ma qui la situazione è completamente diversa: i tre disegnatori hanno lavorato insieme su ogni singola tavola, operando una sintesi perfetta, con Bajram a gestire lo storyboard e il mecha design, e Cossu e Sentenac ad occuparsi del chara design. 
Le pagine sono una gioia per gli occhi. 


Il mecha è semplicemente perfetto (probabilmente coadiuvato da modelli 3D, ma poi ripresi a mano), sotto ogni angolazione e prospettiva. Non c’è una proporzione sbagliata e naturalmente non c’è un dettaglio fuori posto. 

Il design dei personaggi è un altro straordinario risultato, in ottimo equilibrio fra lo stile manga originale e l’espressività dei volti tipica del fumetto francese. 


L’unica nota negativa, e assolutamente soggettiva, è il design degli abitanti di Vega (impossibile chiamarli Vegani ormai) alquanto slegato dal modello originale e molto più vicino a un generico “bad guy alieno” da videogame. Dal momento che uno dei cattivi si ritaglia una discreta importanza nella storia, vederlo così diverso dal Ministro Zuril o dal Generale Hydargos ne riduce un poco l’effetto drammatico. Analogamente, il Mostro Spaziale (l’unico) della storia sembra risentire molto di più dell’influenza degli Angeli di Evangelion e del moderno design “cellula vivente”, lontano dall’estetica totalmente “meccanica” della serie originale.


Quello che non può mancare

Gli autori sanno benissimo che una parte fondamentale della narrazione di Goldrake sono le sequenze-culto della “uscita in battaglia” e delle trasformazioni, e sono bravissimi a ricostruirle con fedeltà e ad inserirle in maniera organica nella storia. Ecco dunque Actarus che corre a perdifiato nel corridoio e sfonda coi piedi il cunicolo della biancheria sporca (come dimostrato da Leo Ortolani nel Grande Ratzinga); la corsa con la moto-proiettile nel cunicolo monorotaia; il salto nel vuoto e la trasformazione in Duke Fleed; Goldrake che esce dalle acque e, naturalmente, non possono mancare le giravolte della sedia di comando quando Actarus scende nella testa di Goldrake. C’è persino la scena del robot nell’hangar che viene riparato. Tutto al proprio posto. L’amore degli autori è quasi palpabile.
Non manca un momento quasi-meta, in cui Procton fa ascoltare ai protagonisti il 45 giri della sigla iniziale dell’anime. Il baloon in cui scrivere “Si trasforma in un razzo missile…” è già pronto.


Dal punto di vista della sceneggiatura, il ritmo si muove sicuro fra i diversi momenti della vicenda senza mai perdere mordente. Al di là dei dettagli, in una storia del genere sappiamo già cosa aspettarci: tutto porta al mega-scontro finale, e la sapienza degli autori sta nel gestire i momenti, le compressioni e le aperture, le epiche splash pages che arrivano sempre al momento giusto e colpiscono con la forza di un classico degli Helloween.



Talking 'bout my generation

Come ho già detto, è una storia generazionale. Alla fine del volume ci sono le foto degli autori, e sono tutti dei dudes di mezza età, con occhiali e pizzetto, circondati dai loro giocattoli vintage, ed è inutile nascondersi dietro a un dito dicendo che non mi assomigliano. 

L’operazione nostalgia è ormai una potente strategia di marketing e genera grandi volumi di introiti. Basti guardare la vetrina della Fnac della città di Rouen, qui a fianco, davanti alla quale sono passato per caso. 

Ma in ogni caso, quando i sentimenti sono sinceri, del valore vero si riesce a trovare, come in questo caso. Sono sicuro che ritornerò molte volte a riaprire questo “scrigno della nostalgia”, e che mi divertirò molto di più che non ad avere un Soul of Chogokin tutto snodato in libreria. 

Goldrake sarà disponibile a partire da metà novembre come volume ed ebook nei maggiori store online di libri in versione italiana (per Edizioni BD). Il volume sarà anche disponibile in fumetteria e nelle librerie di varia, ovviamente.


Commenti