Marvel Cinematic Universe Fase 4 - Una Piccola Retrospettiva (Recensioni - Quarta Parte)

 

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Nota Importante: Questo articolo contiene sicuramente diversi SPOILER sui film e le serie tv della Fase 4 del Marvel Cinematic Universe. Grazie.

Attorney at Law

She Hulk: Attorney at Law

Con la serie dedicata al personaggio di She Hulk, entriamo in un territorio abbastanza nuovo delle produzioni Marvel: siamo infatti di fronte a una vera e propria commedia supereroistica dominata dall'ironia e da continue e insistite rotture della quarta parete, con la protagonista che parla direttamente al pubblico, fino ad arrivare a un finale totalmente spiazzante (almeno per chi non avesse letto ai tempi la celebrata serie a fumetti del mitico John Byrne). Sicuramente una serie coraggiosa, ma anche controversa, dal momento che She Hulk: Attorney at Law sembra avere catalizzato l'odio di molti spettatori.
Jennifer Walters (interpretata dalla bravissima Tatiana Maslany) è un'avvocatessa in carriera con una parentela piuttosto ingombrante: è la cugina di Bruce Banner, meglio noto come Hulk. A causa di un incidente causato dall'attacco di un'astronave aliena, il sangue di Hulk entra accidentalmente in contatto con quello di Jennifer donandole istantaneamente i poteri del cugino e trasformandola in She Hulk. A differenza del cugino, però, Jennifer (anche in virtù di una mente molto più equilibrata) dimostra da subito di potere gestire senza problemi i propri poteri, trasformandosi a piacimento in She Hulk e mantenendo la propria personalità e intelligenza. La scelta di Jennifer è quella di continuare con la sua vita da normale umana con la sua carriera di avvocato, ma l'attacco di Titania (interpretata da Jameela Jamil) - letale influencer dotata di superpoteri - all'interno di un'aula di tribunale la costringerà a trasformarsi in She Hulk, divenendo così un personaggio pubblico e cambiando così per sempre la sua vita. Mentre Jennifer fatica a conciliare vita privata e vita da supereroina, viene presa di mira da quella che sembra essere una semplice community di hater e troll, ma che si rivela essere molto più pericolosa: l'obiettivo degli hater è la distruzione di She Hulk. Quando la situazione diventerà critica, She Hulk farà un gesto impensabile, finendo per conoscere l'essere più potente di tutto il MCU.
Se questo riassunto potrebbe fare pensare a un classico prodotto supereroistico del MCU, in realtà She Hulk: Attorney at Law è probabilmente la serie più originale e distante dal canone Marvel: siamo difatti di fronte a una vera e propria commedia ambientata nel mondo dei prestigiosi studi di avvocato statunitensi, con inserti fortemente surreali. Praticamente Ally McBeal in salsa supereroistica. 
Il fattore fondamentale per prodotti come questi è la qualità della scrittura e dell'umorismo, e qui viene fuori il problema maggiore di questa serie: She Hulk, lungo i suoi nove, veloci, episodi fatica a mantenere un livello di qualità costante. Ci sono momenti in cui la serie gira alla perfezione, con un umorismo calibrato e un utilizzo azzeccato delle rotture della quarta parete, alternati a momenti decisamente più prevedibili e meno ispirati (su tutti il ricevimento di nozze della migliore amica di Jennifer con tutte, ma proprio tutte, le svolte narrative che ci si poteva aspettare). La qualità è quindi un po' altalenante lungo i primi otto episodi e, probabilmente, sarebbe stato saggio tagliarne tranquillamente un paio per rendere la serie più snella. 
Ma non si può non parlare del nono e conclusivo episodio, decisamente il più controverso: mentre la serie sembra puntare a un caotico finale di pura azione, She Hulk rompe totalmente la quarta parete entrando nel nostro mondo. Una soluzione presa di peso dalla prima serie dedicata al personaggio, dove Jennifer letteralmente sfasciava la struttura a vignette della pagina per andare a parlare all'autore della storia, John Byrne. La struttura è replicata fedelmente (al posto delle vignette distrutte c'è l'interfaccia della app di Disney+) con Jennifer che finisce a parlare col deus ex machina di tutto il MCU, ovvero l'intelligenza artificiale KVN (ovvio alter ego di Kevin Feige), obbligandolo a sistemare tutto il casino. Ovviamente tutto si risolve magicamente bene per Jennifer, lasciando però lo spettatore interdetto. Personalmente ho apprezzato l'idea e l'esecuzione, anche se avrei optato per minimo di azione in più, giusto per rendere più dinamico il finale.
Aldilà di questi fattori, è importante comunque sottolineare l'ottimo lavoro svolto da Tatiana Maslany nel rendere il suo personaggio tridimensionale e credibile (soprattutto quando non è trasformata in She Hulk), così come quello del resto del cast, generalmente azzeccato (incluso un Tim Roth particolarmente rilassato e divertito nel ruolo di Abominio).
She Hulk: Attorney at Law è una serie leggera e frizzante, caratterizzata da un ottimo cast, da una regia discreta e da effetti speciali tutto sommato accettabili. La qualità, come detto, è sicuramente un po' altalenante e non tutto funziona come dovrebbe, ma è quello che si potrebbe definire puro intrattenimento senza troppe pretese, capace di donare qualche ora di divertimento. Viene da chiedersi perché la serie abbia generato tanto odio online: probabilmente il peculiare umorismo surreale non è stato particolarmente apprezzato o compreso, in particolare sullo spiazzante finale, a cui manca comunque un po' di bilanciamento. O, forse, sono bastate le (tremende) scene in cui She Hulk fa twerking con la rapper Megan Thee Stallion e la "walk of shame" di Daredevil [ovviamente il personaggio interpretato da Charlie Cox è parente ben distante del personaggio serioso e ossessionato visto nelle serie originariamente pubblicate da Netflix] dopo una nottata di passione con Jennifer a scatenare le ondate di sdegno del popolo di Twitter (non che ci voglia molto, a voler essere sinceri). 

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Licantropus (Werewolf by Night)

[Alcune parti di questa mini-recensione, sono riadattate dalla mia precedente recensione completa del film. Potete leggerla cliccando su Questa Pagina]

Licantropus è uno special di Halloween (in pratica un mediometraggio di 50 minuti circa) in bianco e nero, dedicato a uno dei personaggi horror minori dell'Universo Marvel (Werewolf by Night, o Licantropus se vogliamo utilizzare il nome italiano), diretto da un famoso compositore di colonne sonore (Michael Giacchino) alla sua primissima esperienza come regista. Ne viene fuori un divertissement stiloso e godibilissimo, che omaggia in modo divertito i film horror classici.
Il più famoso cacciatore di mostri, Ulysses Bloodstone, è morto. Come ultime volontà, incarica la seconda moglie Verusa (interpretata in modo deliziosamente sopra le righe da Harriet Sansom Harris) di organizzare una gara tra i sette migliori cacciatori di mostri, inclusa la ribelle ed estraniata figlia Elsa (interpretata da Laura Donnelly). Chi riuscirà a uccidere il mostro presente nel labirinto nella tenuta otterrà la gemma Bloodstone, una potente reliquia in grado di indebolire il potere dei mostri. Ma, tra i cacciatori partecipanti, uno di essi, Jack Russell (interpretato da Gael García Bernal) nasconde un oscuro e mortale segreto. 
Già da questa sinossi, che pare provenire direttamente da un film con Vincent Price, è chiaro che l'intento principale di Michael Giacchino era confezionare un omaggio a tanti film del passato che il compositore-regista ha adorato: i film di mostri della Universal, gli elaborati e chiassosi b-movie di William Castle e un pizzico delle atmosfere gotiche e della violenza delle pellicole Hammer. Missione riuscita con discreto successo. 
Per Licantropus, Giacchino opta per un bianco e nero dai contrasti molto definiti per ricreare in modo fedele il tipo di atmosfera e illuminazioni dei vecchi horror, una scelta stilosa e azzeccata che dona a questo mediometraggio una sua personalità distinta. Nonostante una fotografia a tratti troppo pulita e asettica, causata dalle riprese in digitale, Licantropus riesce a catturare visivamente lo spettatore sin dai primi istanti. Merito di un Giacchino che sopperisce a una certa mancanza di esperienza e malizia con sana passione.
A sorreggere il mediometraggio troviamo finalmente una buona sceneggiatura, asciutta e senza troppi fronzoli, dove si evitano spiegoni e il numero dei dialoghi è ridotto allo stretto necessario per caratterizzare i personaggi. Ne guadagna il ritmo e soprattutto la durata, 50 minuti scarsi, un minutaggio perfetto per una trama come quella di Licantropus. Da sottolineare anche la quantità di violenza e sangue, decisamente superiore alla media Marvel, per quanto giustamente depotenziata dalla bicromia che rende gli schizzi di sangue sulla telecamera decisamente più tollerabili per un pubblico non avvezzo allo splatter.
Azzeccato anche il cast: i due attori protagonisti lavorano bene sui loro personaggi basandosi sulla caratterizzazione semplice e diretta della sceneggiatura. In particolare, Bernal, la vera e propria star dello speciale, riesce a rendere bene l'idea di un personaggio schivo e tormentato da una maledizione, senza calcare troppo la mano sul lato drammatico e dando al personaggio un lato più leggero e ironico. Il resto del cast recita decisamente sopra le righe, come da copione per un prodotto che vuole omaggiare i tipici stilemi degli horror che furono e che ovviamente dona a Licantropus una patina di sottile e piacevole autoironia.
Al netto di qualche piccolo difetto, Licantropus è uno speciale divertente e ben realizzato che introduce un nuovo aspetto, quello legato all'horror e ai mostri, nell'universo cinematografico Marvel.

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Black Panther: Wakanda Forever

Il sequel di Black Panther ha avuto una genesi molto travagliata, dovuta, purtroppo, alla morte del protagonista Chadwick Boseman, avvenuta nel 2020. Kevin Feige non ha però voluto né cancellare il progetto, né procedere a un (offensivo) recasting, sfruttando invece i tanti personaggi introdotti nel primo film per dare un seguito coerente.
Il Re T'Challa è morto, nonostante gli sforzi disperati della sorella Shuri (interpretata da Letitia Wright) per salvarlo. È la madre Ramonda (interpretata da una Angela Bassett ottimamente in parte) a diventare la regina di Wakanda, mentre il ruolo di Pantera Nera, protettore del regno, non può essere più assegnato. Un anno dopo, gli Stati Uniti hanno messo a punto una macchina in grado di trovare il preziosissimo vibranio, scoprendo che non si trova solo a Wakanda, ma anche negli abissi oceanici: mentre una nave tenta di estrarlo, è attaccata da una sconosciuta e potentissima razza di umani in grado di respirare sott'acqua. Si tratta degli abitanti del regno di Talocan e il loro leader, il mutante Namor (interpretato da Tenoch Huerta), si presenta a Wakanda chiedendo che gli sia consegnato lo scienziato che ha creato la macchina, sennò muoverà guerra contro il regno. Scienziato che, in realtà, è Riri Williams (interpretata da Dominique Thorne) una geniale ragazzina universitaria del MIT che ha creato la macchina come progetto scolastico. Quando Shuri e Okoye voleranno negli Stati Uniti per salvare Riri, si ritroveranno attaccate dalle truppe di Namor, con Shuri e Riri che finiranno prigioniere. La regina Ramonda si affiderà allora alla spia Nakia (interpretata da una sempre ottima Lupita Nyong'o) per salvare la principessa Shuri, mettendo in moto eventi che porteranno a una mortale guerra tra i regni di Talocan e Wakanda.
Black Panther: Wakanda Forever è sicuramente il film più serioso mai uscito per il MCU: non solo perché, a tutti gli effetti, inizia con una lunga scena dedicata al funerale di T'Challa, ma perché battute e ironia sono ridotte veramente al minimo (giusto un paio di scambi tra Okoye e Shuri nella scena ambientata a Boston). La scelta è comprensibile, ma solo fino a un certo punto, perché tirare avanti per oltre 160 minuti (!!!) una trama densissima senza scene che alleggeriscano un po' il tono, rende il film un mattone davvero molto pesante, soprattutto nella prima, interminabile, metà.  
È un peccato, perché Black Panther: Wakanda Forever è, in realtà, una pellicola decisamente migliore del film precedente, con una sceneggiatura tutto sommato coerente, buoni sviluppi dei personaggi (su tutti il villain Namor, che speriamo di rivedere presto nel MCU) e una CGI quantomeno dignitosa. Anche il regista Ryan Coogler dimostra di avere un controllo decisamente migliore del film, nonostante mostri ancora molte incertezze sulle scene d'azione, in particolare nello scontro finale con Namor e nella scena di battaglia sulla nave.
Per contro, Letitia Wright mostra qualche lacuna di troppo nella recitazione nel momento in cui diventa la protagonista assoluta e deve sostenere quasi interamente il peso emotivo della pellicola, a cui si somma una certa mancanza di carisma.
Black Panther: Wakanda Forever è un film un decisamente lungo, denso di eventi ed eccessivamente serioso: tagliando qualche lungaggine di troppo nella prima ora e mezza e alleggerendo il tono con un po' di ironia si sarebbe potuto ottenere un'opera più leggera e godibile; il film merita comunque una sufficienza piena, alla fine.

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Guardiani della Galassia: Holiday Special

Dopo la seriosità di Black Panther: Wakanda Forever, la Fase 4 del MCU si conclude invece con uno speciale dedicato ai Guardiani della Galassia, un mediometraggio alquanto divertente e leggero a tema natalizio, girato da James Gunn in contemporanea con il terzo film dedicato alla squadra guidata da Star Lord.
Peter Quill è depresso per la perdita di Gamora: per questo motivo Drax e Mantis decidono di organizzare per Peter una festa a sorpresa per celebrare una strana occorrenza terrestre, il Natale. Ma che Natale sarebbe senza dei regali? Così, lo strampalato duo parte per la Terra per portare a Peter quello che credono essere il dono perfetto, la presenza del grande eroe Kevin Bacon, e poco importa che l'attore non sia esattamente d'accordo con il piano. Nonostante i guai e i disastri causati da Drax e Mantis a Los Angeles, lo spirito del Natale trionferà e Peter ritroverà così il sorriso grazie a una seconda sorpresa, alquanto inaspettata.
Nonostante una trama alquanto basilare e un budget per forza di cose limitato (lo si può facilmente notare negli effetti speciali ridotti all'osso), l'Holiday Special dedicato ai Guardiani della Galassia è uno speciale riuscito, perfetto per il periodo a cui è dedicato: dopo una prima metà davvero divertente, con Drax e Mantis a causare disastri in quel di Los Angeles, la seconda parte è una zuccherosa e pacchiana celebrazione del Natale in puro stile americano con addobbi, buoni sentimenti e canzoncine orecchiabili. Niente di memorabile, ma un mediometraggio che strappa più di una risata e che lascia lo spettatore con il buonumore, esattamente quello che ci si aspetta da un prodotto tipicamente natalizio. Due piccole note negative: Chris Pratt sembra recitare in modo alquanto svogliato (tendenza che avevo già notato a partire da Avengers: Endgame) e i flashback sono animati particolarmente male. 

Finisce qui la quarta parte di questo lungo articolo dedicato alla Fase 4 dell'Universo Cinematografico Marvel.
La quinta e ultima parte contenente alcune riflessioni è disponibile a questo URL:

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