Stranger Things Stagione 4 (Recensione) - Una Leggera Indigestione

 


Nota Importante: Questo articolo contiene sicuramente diversi SPOILER sulla quarta stagione di Stranger Things. Non continuate a leggere l'articolo se non volete rovinarvi alcune delle (grandi) sorprese che i 9 nuovi episodi contengono. Grazie.

E' incredibile pensare come Stranger Things (stando alle parole dei suoi creatori, i fratelli Duffer) sia stato rifiutato da ben 12 case di produzioni differenti, prima di trovare una sistemazione definitiva in casa Netflix. Arrivato alla quarta stagione Stranger Things è diventato un fenomeno globale, capace di risollevare da solo le sorti di Netflix, in un (abbondantemente preventivato) trend negativo di abbonamenti dopo i picchi dell'era Covid. Oltre che di rimpinguare abbondantemente le finanze della signorina Kate Bush e a fare entrare Master of Puppets dei Metallica per la prima volta nella top 100 di Billboard dopo 36 anni. Ci sarebbero tantissime cose da dire a riguardo (anche perché la durata della stagione è mastodontica), ma mi concentrerò solo su alcuni aspetti positivi e negativi che mi hanno colpito.

Un'Evoluzione di Pari Passo con la Crescita dei Protagonisti

Da quello che, nella prima stagione, era un sentito (e ben realizzato) omaggio al cinema per ragazzi degli anni '80 (Spielberg e Goonies su tutti) con venature horror, Stranger Things ha saputo evolvere di pari passi alla crescita dei propri protagonisti; la serie ha così virato, stagione dopo stagione, verso trame più drammatiche e sconfinando decisamente in territori orrorifici. Anche i rapporti tra i personaggi diventano così più maturi e complessi, preannunciando l'arrivo nell'età adulta di questi ormai ex-ragazzini. E' uno dei segnali che, aldilà di citazionismo spinto e strizzatine d'occhio continue agli spettatori, dietro questa serie c'è comunque grande cura per i dettagli e amore per i personaggi.


Un Villain Davvero Riuscito

Dopo mostri assortiti e inquietanti presenze lovecraftiane, la quarta stagione di Stranger Things compie una svolta importante, offrendoci Vecna; non solo un villain umanoide (o quasi), ma anche una spiegazione volta a unire tutto quanto successo nelle precedenti stagioni in un quadro unitario. Una scelta che rende tutto il percorso della serie più coeso e interessante, ma che toglie parte dell'affascinante atmosfera lovecraftiana che aveva pervaso le prime due stagioni.
La domanda sorge spontanea: i fratelli Duffer avevano previsto davvero tutto dall'inizio (e c'è chi giura di avere sentito in sottofondo i 4 rintocchi del pendolo di casa Crusher nel momento della sparizione di Will nella primissima puntata, ma siamo sicuri che non sia stata una furbissima mossa di retcon tramite editing "invisibile"?) o hanno trovato il modo di unire le trame portanti delle prime tre stagioni una volta ideato quello che sarà a tutti gli effetti il "boss finale" di tutta la serie?
Aldilà di queste domande, è possibile dire che Vecna sia un villain davvero riuscito, non solo nel look (totalmente applicato all'attore invece che ricorrere alla CGI, complimenti all'ottimo team di truccatori e character design), ma anche nelle motivazioni e nella sua back story.

Un Corposo, Affascinante, Flashback

Tutta la parte centrale della stagione è dedicata al tentativo da parte del dottor Owens e del redivivo Dottor Brennan di ridare i poteri a Eleven (si scoprirà che è stato lo stesso Vecna ad assorbirli), riutilizzando l'espediente della camera di privazione sensoriale già visto nella prima stagione. Un espediente utile a mostrarci un nuovo drammatico flashback di quando Eleven era prigioniera a Hawkins, soggetta agli esperimenti governativi volti a utilizzarla come arma. E' qui che facciamo la conoscenza della prima incarnazione di Vecna, a.k.a One, il primo dei ragazzi su cui il dottor Brennan ha sperimentato, un essere potentissimo e malvagio che, una volta liberato dalle costrizioni, porta morte e distruzione fino all'inevitabile scontro. Tutto il flashback è indubbiamente orchestrato bene, con una tensione crescente e un finale annunciato sin dalla primissima scena che apre la stagione.

Ispirazioni e Citazioni

Come sempre in Stranger Things non mancano tonnellate di citazioni più o meno palesi a varie opere e sicuramente su YouTube troverete decine di ottimi video dove sono sviscerati omaggi, citazioni ed easter egg. Per quanto riguarda le ispirazioni principali, le più palesi sono riferite a due opere horror estremamente popolari, ovvero Nightmare on Elm Street (c'è pure Robert Englund in un azzeccato cameo) e IT (non solo Vecna è una sorta di Pennywise che sfrutta le paure delle proprie vittime, ma ci sono pure gli immancabili palloncini in più di una scena).
Anche se, a ben vedere, l'ispirazione maggiore non proviene dal mondo dell'horror, ma da quello dei supereroi: analizzando il flashback centrale riguardante Eleven e One/Vecna è palese come gli sceneggiatori si siano ispirati ad alcune delle idee presenti negli X-Men e nei Nuovi Mutanti di Chris Claremont (e il fatto che il primo episodio si intitoli The Hellfire Club è già un riferimento più che palese). Perché, in fondo, One e Eleven sono mutanti e One sembra avere più di un parallelismo con figure potenti e tragiche quali Proteus e Legione. E' incredibile pensare come le intuizioni del lungo ciclo mutante di Claremont siano ancora oggi così tanto sfruttate nel mondo di serie TV e cinema, nonostante la scrittura mostri decisamente i segni del tempo.

Eddie Superstar

Se nel cast a brillare particolarmente è Sadie Sink, l'interprete di Max, a cui la stagione dedica un ruolo prominente, la vera sorpresa è rappresentata dal personaggio di Eddie Munson, interpretato da Joseph Quinn. Il personaggio inizia la serie in modo alquanto ambiguo, tra atteggiamenti da bullo e lo spaccio di droga (!) nel liceo di Hawkins, per poi crescere esponenzialmente ed entrare nei cuori degli spettatori. Merito sicuramente di Joseph Quinn, capace di dare spessore al personaggio oltre i meriti della sceneggiatura: un buon esempio sono le scene con la cheerleader Chrissy, dove si nota un'ottima chimica tra gli attori, tanto da portare i fratelli Duffer a pentirsi di avere reso Chrissy la prima vittima di Vecna. Comunque sia, il metallaro dal cuore insicuro interpretato da Joseph Quinn cresce con il passare degli episodi, rubando piano piano la scena anche ai protagonisti storici della serie, sino all'apoteosi con la schitarrata sulle note di Master of Puppets. Alla fine è una delusione la scelta di renderlo la vittima sacrificale della stagione, peraltro in un atto di eroismo abbastanza inutile a quel punto della narrazione. Anche se c'è sempre un modo per fare tornare un personaggio dalla morte in Stranger Things, basti pensare al Dottor Brennan e a Hopper. Scelta che, a questo punto, non stupirebbe affatto, vista l'incredibile popolarità del personaggio su YouTube e social vari. Tanto che gira già voce che sarà proprio Eddie il protagonista del già annunciato spin-off.

Divide et Impera

E' però ora di passare agli aspetti negativi di questa quarta stagione. La struttura infatti segue uno dei canovacci più usati (abusati) quando si tratta di gestire un numero sempre maggiore di protagonisti: dividere i personaggi in micro gruppi, ognuno con una missione differente e separato da migliaia di chilometri, per poi fare convergere tutto nel gran finale. Una scelta forse banale, ma probabilmente l'unica possibile per seguire un cast ancora cresciuto, tra ritorni e nuove facce.
Una scelta che, però, si porta dietro la sua bella dose di problemi. 

Non Tutto è Così Fondamentale

E' evidente come non tutte le sotto-trame siano così riuscite e così fondamentali per il proseguimento della storia. Abbiamo così tutta la trama riguardante la prigionia di Hopper in Russia che si protrae stancamente per tutta la durata della stagione in un loop narrativo dentro e fuori dalla prigione francamente estenuante, dove si fa un po' troppo affidamento alla comicità per mascherare situazioni al limite della credibilità.
Anche la sottotrama con il gruppo formato da Mike, Will e Jonathan (più lo svitato cannaiolo) alla ricerca di Eleven sembra più un (lungo) riempitivo per dare qualcosa da fare ai personaggi e per fare un'importante rivelazione (per quanto ampiamente annunciata) sul personaggio di Will.
E anche tutte le scene con l'esercito alla caccia di Eleven sembrano piazzate solo per avere una (spettacolare) scena madre con Eleven.

Sincronizzazione (Troppo) Perfetta

L'altro grande problema è il finale: con i vari personaggi separati da migliaia di chilometri, gli sceneggiatori fanno davvero troppo affidamento alla sospensione dell'incredulità per credere che gli aiuti provenienti dal gruppo di Mike/Eleven e da quello di Hopper arrivino esattamente nel momento in cui a Hawkins hanno deciso di attaccare Vecna, il villain della stagione, nel Sottosopra. Una serie di coincidenze davvero esagerate, ancora di più in un episodio finale mastodontico. Tutto succede con un incastro perfetto senza che nessuno dei gruppi possa comunicare con gli altri (a eccezione di Eleven) e se da un lato la situazione aumenta tensione e spettacolarità, dall'altro toglie credibilità al combattimento finale.

The Dragonball Effect

Giusto per chiarezza, il termine The Dragonball Effect è totalmente inventato di sana pianta da me ed è semplicemente un modo simpatico per citare un altro difetto tipico delle produzioni seriali che è preponderante nell'anime Dragonball: i nemici che parevano invincibili nelle serie passate sono poi sconfitti con (relativa) semplicità negli episodi successivi in modo da enfatizzare la potenza del cattivo di turno. In particolare mi riferisco alla battaglia tra Hopper, Murray e Joyce contro i Demodogs (tra i nemici principali della stagione 2) e soprattutto contro il Demogorgon, il nemico che aveva caratterizzato tutta la prima stagione e che era stato sconfitto con grandissima difficoltà dalla stessa Eleven. In particolare, per quanto epica la battaglia di Hopper con la Spada di Conan (!) contro il Demogorgon, è difficile credere che un umano possa avere la meglio di un mostro praticamente imbattibile; o che la spada di Conan sia ancora tanto affilata dopo 40 anni. 

In Conclusione

Nonostante alcuni oggettivi problemi, la quarta stagione di Stranger Things è una visione coinvolgente e appassionante. A brillare è come sempre il gruppo dei protagonisti, le loro interazioni e caratterizzazioni, che risulta il grande punto di forza che ha permesso alla serie di diventare il fenomeno globale che è. Senza dimenticare la grande cura nelle sceneggiature, nella gestione della trama e nei piccoli particolari (come la già citata spada di Conan o la patch di Eddie, un'originale anni '80 prestata dalla vedova di Ronnie James Dio), così come la regia e i valori produttivi di alto livello, che fanno spiccare questa produzione dalla media.
Certo, l'impressione è che i fratelli Duffer si siano fatti prendere un po' la mano e che, probabilmente, si sarebbero potute tagliare svariate decine di minuti dal minutaggio finale, soprattutto in certe scene di pura esposizione (è proprio necessario che i personaggi discutano dei propri problemi quando sono in una dimensione ostile ad attaccare un mostro onnipotente?). La sensazione dopo avere visto le 4 ore (!) degli ultimi due episodi è proprio quella di una leggera indigestione: è come quando torni da un bel ricevimento di matrimonio durato svariate ore e con un banchetto da 20 portate: si è felici, divertiti e soddisfatti, ma anche un po' spossati e appesantiti. Nulla che un dito di amaro Unicum non possa sistemare, nell'attesa di una stagione finale che si preannuncia già drammatica e apocalittica e che concluderà una serie Tv che, nel bene e nel male, è già nella storia della narrativa seriale televisiva.

Stranger Things è una serie tv trasmessa in esclusiva in streaming su Netflix.



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